venerdì, Aprile 19, 2024
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ESCLUSIVO/ Ecco perché Gennaro Longobardi è stato arrestato

Attraverso il genero estorceva la fornitura di frutti di mare ad un notissimo ristorante di Pozzuoli.

E’ questo il motivo per cui stamattina è tornato in carcere il capoclan Gennaro Longobardi.

Il boss (61 anni da compiere il 29 di questo mese) è stato arrestato all’alba di stamattina nella sua abitazione di Monterusciello, dai carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Pozzuoli.

Con lui, in manette  anche il marito di una delle figlie di Longobardi, il commerciante ittico Gennaro Amirante.

I militari, coordinati dal pm della Direzione Distrettuale Antimafia,  Gloria Sanseverino, hanno scoperto che Longobardi e Amirante avevano imposto, a questo ristoratore, l’acquisto di tutti i molluschi che gli occorrevano per preparare le sue prelibatezze.

Un’indagine partita però per puro caso, quando cioè, durante un controllo nel locale della vittima, i militari della Capitaneria di Porto avevano rinvenuto dei frutti di mare privi della certificazione di provenienza.

Circostanza che subito apparve molto strana per un ristoratore solitamente scrupoloso nel proprio lavoro e nella qualità dei prodotti somministrati alla clientela.

Ed è stato a questo punto che i carabinieri hanno iniziato tutta una serie di attività investigative di “intelligence” sfociate poi nella cattura di Longobardi e  Amirante.

Longobardi era  tornato in libertà, da sorvegliato speciale, il 20 maggio dello scorso anno, dopo aver terminato di scontare i tredici anni di reclusione a cui è stato condannato nel maggio 2003 per le estorsioni al mercato ittico (gip Aldo Esposito, pm Raffaele Marino e Antonello Ardituro), eventi criminosi da cui, come tutti i puteolani ricorderanno, partirono le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia che portarono, nel dicembre 2005 (durante il primo mandato sindacale di Figliolia) allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni malavitose.

Su di lui pende  ancora un altro macigno giudiziario: il processo che, dal 12 gennaio 2015, lo vede condannato in primo grado a 14 anni di reclusione (al pari di Gaetano Beneduce) per una serie di estorsioni aggravate dal metodo mafioso, imputate ai cosiddetti “Amici di Pozzuoli”.

Provvedimento restrittivo di cui, però, con ordinanza del 12 aprile dello scorso anno, la prima sezione penale della Corte di Appello di Napoli ha dichiarato la “perdita di efficacia”, su richiesta degli avvocati difensori del boss.

 

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