Panettone, stai alla larga da questo qui | In Italia non ce n’è uno peggiore: anche un calzino ha un sapore più buono
Panettone, occhio a questi dettagli - Pexels - pozzuoli21.it
Se un panettone sembra triste, stopposo e anonimo, forse è lui il peggiore d’Italia: ecco i segnali per starne alla larga.
A Natale tutti cercano il panettone perfetto, ma tra gli scaffali si nasconde anche il suo opposto: il panettone da incubo, quello che ti fa rimpiangere davvero un calzino tostato nel forno.
È quel dolce che ti sorride dal banco con una scatola luccicante, ma dentro promette solo delusioni: impasto stanco, profumo finto, bocconi che restano piantati in gola. Se non fai attenzione ai piccoli dettagli rischi di portarti a casa proprio lui, convinto di aver trovato l’“affare”, e invece hai scelto il peggior panettone della serata.
La buona notizia è che i campanelli d’allarme sono evidenti, basta allenare un po’ lo sguardo. Un panettone di qualità si riconosce da tanti particolari, e proprio l’assenza di questi segnali tradisce il prodotto scadente: forma sgraziata, cupola fiacca, odore anonimo.
Quando mancano morbidezza, profumo naturale e cura nei ingredienti, quel dolce lievitato diventa solo un blocco di pasta dolciastra. Capire in anticipo che hai davanti un panettone “calzino” ti permette di evitarlo e di orientarti su qualcosa di davvero meritevole, lasciando sullo scaffale il candidato al titolo di più deludente d’Italia.
Se già a vederlo non convince, è un brutto segno
Il primo esame si fa con gli occhi: un panettone scadente spesso ha una forma storta, schiacciata, con la cupola che sembra crollata su se stessa o, al contrario, troppo gonfia e spaccata. Il colore dice molto: se la crosta è pallida, grigiastra o presenta zone bruciate, vuol dire che qualcosa in cottura o nella lievitazione non ha funzionato. Anche il contatto con il pirottino racconta la sua storia: quando il dolce si stacca male, lasciando vuoti o strappi, è difficile parlare di lievitato fatto come si deve e il sospetto “mattonella” si fa concreto.
Tagliando la fetta, un panettone di bassa qualità si tradisce ancora di più. L’interno appare compatto, con un’alveolatura fitta e disordinata, ben lontana dai fili lunghi e regolari tipici di un impasto ben lavorato. La mollica risulta asciutta, quasi gessosa, o al contrario umida in modo sospetto, segno di una gestione sbagliata dei tempi. Uvetta e canditi, quando ci sono, spesso sono pochi, secchi, affondati sul fondo o distribuiti male: elementi che trasformano ogni morso in un gioco al ribasso. Se alla vista l’effetto è “pane dolce triste”, hai davanti un panettone da evitare, non il protagonista del pranzo di Natale.

Odore, gusto e etichetta: il panettone “calzino” si smaschera così
Il profumo è un altro giudice spietato. Un panettone mediocre sa di poco o sa solo di aromi artificiali: vaniglia finta, agrumi esagerati, alcol pungente che ti arriva al naso appena apri la busta. Al morso la situazione non migliora: la fetta non è né soffice né elastica, tende a sbriciolarsi o a impastarsi sul palato. Il burro sembra un’idea lontana, rimpiazzata da una dolcezza sguaiata e da un retrogusto di grassi pesanti.
Infine, l’ultima prova è l’etichetta. Un panettone che non possiede i requisiti di qualità di solito mette insieme una lista infinita di additivi, emulsionanti, aromi e grassi vegetali al posto del burro, con pochi tuorli e tanti trucchi per allungare la conservazione. Una scadenza esageratamente lunga e un prezzo inspiegabilmente basso sono altri indizi da non sottovalutare: se costa pochissimo e dura quasi quanto un soprammobile, è difficile che dentro ci siano materie prime ricche e lavorazioni lente. In sintesi, quando mancano forma armoniosa, profumo naturale, struttura soffice e ingredienti puliti, quel panettone entra dritto nella categoria del “peggiore d’Italia”, quello da cui è meglio stare alla larga già al primo sguardo.
