Laurea, con questa non ci fai nulla | Pubblicati i risultati dell’ultima ricerca: per trovare lavoro ci metti 20 anni
Laurea più inutile - Pexels - pozzuoli21.it
Una nuova ricerca sul mercato del lavoro italiano mette nel mirino un preciso gruppo di lauree: il rischio è di studiare anni e restare comunque ai margini.
Per molti la laurea è ancora il passaporto naturale per il lavoro: si sceglie il corso di studi, si investono tempo e soldi, e si dà per scontato che, alla fine, una porta si aprirà. Ma il mercato non ragiona per sogni: alcune facoltà portano rapidamente a un’occupazione stabile, altre invece lasciano i neodottori a rincorrere contratti precari, stage malpagati e lunghi periodi di attesa prima di un posto vero.
Una recente indagine ha analizzato in profondità il rapporto tra percorso universitario e possibilità occupazionali, seguendo centinaia di migliaia di ex studenti a uno, tre e cinque anni dalla laurea.
Il quadro generale è positivo, con tassi di occupazione in crescita e livelli mai toccati prima in Italia, ma sotto questa media confortante si nasconde una frattura netta: ci sono corsi che “spingono” sul lavoro e altri che sembrano quasi fermare la corsa, soprattutto nei primi anni dopo la proclamazione.
La laurea che fatica di più: il caso di arte, design e umanistica
Secondo quanto riportato da Money.it sulla base dell’ultimo rapporto AlmaLaurea, le lauree che oggi fanno più fatica a trasformarsi in lavoro sono quelle nei campi dell’arte, del design e delle discipline letterario-umanistiche. La ricerca ha messo sotto la lente quasi 700.000 laureati provenienti da 81 atenei italiani e ha registrato come, per questi percorsi, il tasso di occupazione a un anno dal titolo resti sensibilmente più basso rispetto alla media nazionale. In altre parole, chi sceglie queste strade entra nel mercato del lavoro più lentamente e spesso con contratti meno stabili.
Il confronto con altri indirizzi è impietoso. Le lauree triennali in Informatica e tecnologie ICT e nell’area medico-sanitaria assorbono quasi subito i neolaureati, con percentuali che sfiorano e superano il 90% già dopo pochi anni. Ancora meglio, sul fronte magistrale, va all’ingegneria industriale e dell’informazione, che guida la classifica delle lauree “regine” per sbocchi lavorativi, seguita da ambiti come architettura, ingegneria civile ed economia, tutti con livelli di occupazione alti sia a uno sia a cinque anni dal titolo.

Giuridico e psicologico in affanno, ma il quadro cambia nel lungo periodo
Lo stesso studio segnala difficoltà anche per altre aree: tra le lauree magistrali, i percorsi in ambito giuridico e psicologico offrono meno opportunità immediate, spesso perché richiedono ulteriori anni di specializzazione, praticantati obbligatori o tirocini che ritardano l’ingresso nel lavoro vero e proprio. Qui la laurea non è “inutile”, ma rappresenta solo il primo gradino di un percorso molto più lungo, che può tradursi in anni di reddito ridotto e instabile prima di trovare una posizione consolidata.
Per le discipline umanistiche, però, il quadro non è completamente nero: i dati indicano che a cinque anni dalla laurea i livelli occupazionali tendono a riallinearsi verso l’alto, con un recupero evidente per lingue, lettere e psicologia. Il messaggio della ricerca, così come raccontata da Money.it, non è che queste lauree “non servono a nulla”, ma che richiedono una strategia diversa: più consapevolezza sugli sbocchi reali, disponibilità a spostarsi, apertura a ruoli non strettamente legati al titolo. In un mercato in cui alcune facoltà portano a un impiego quasi automatico e altre costringono a una maratona, la scelta dell’indirizzo di studio diventa una decisione da prendere guardando non solo alle passioni, ma anche ai numeri.
