Da martedì scorso, ogni mattina presto, per almeno un’ora presidiano pacificamente l’esterno del Municipio.
Con striscioni, cartelli e liste di adesioni sempre più nutrite, il Coordinamento Disoccupati di Pozzuoli, in pochi giorni ha già raggiunto quasi 500 iscritti.
Tutte persone che non hanno (mai avuto o improvvisamente perso) un lavoro e che al sindaco Enzo Figliolia chiedono di creare le premesse per utilizzare anche manodopera locale in tutte le piccole e grandi opere pubbliche che saranno effettuate in città.
“In campagna elettorale, a ciascuno di noi è stato promesso che si sarebbe sbloccato un po’ di lavoro –dicono in coro i disoccupati in agitazione- Adesso però è arrivato il momento di mantenere gli impegni, perché si stanno per aprire molti cantieri e noi non vogliamo continuare a fare la fame mentre i raccomandati o i non puteolani si portano uno stipendio a casa grazie ai soldi che vengono spesi sul nostro territorio. Fuori Pozzuoli, non ci viene consentito nemmeno di accostare: se non lavoriamo nemmeno a casa nostra, resteremo a spasso per tutta la vita. E che diamo da mangiare ai nostri figli? L’aria?”.
A coordinare i manifestanti è Francesco Cavaliere (al centro nella foto grande in alto, con un gruppo di disoccupati).
Ex sindacalista, ex consigliere di circoscrizione e tecnico addetto alla prevenzione e alla sicurezza sul lavoro all’interno del comitato paritetico territoriale di Napoli, stamattina Cavaliere ha incontrato i disoccupati a poche decine di metri dal Palazzo Comunale di Toiano.
Ha spiegato loro che l’obiettivo della mobilitazione “è istituire un osservatorio permanente sul lavoro che porti a creare quante più opportunità di impiego possibili, a cominciare dal settore edile. Attraverso le organizzazioni di categoria (Cavaliere ha riferito che, nei giorni scorsi al sindaco Figliolia è stata inviata una richiesta di incontro da parte dei tre segretari provinciali del comparto sindacale edile, ossia Ciro Nappo della Fillea-Cgil, Raffaele Del Solio della Filca-Cisl e Andrea Lanzetta della Feneal-Uil, n.d.r.) punteremo a chiedere almeno il 30% di manodopera locale a tutte quelle imprese che si aggiudicheranno appalti pubblici sul nostro territorio. Certo, sappiamo bene che la legge non prevede alcun obbligo in materia per le aziende, ma chi fa impresa conosce anche il disagio sociale delle zone in cui va a lavorare e dunque sa bene che un minimo di risposta occupazionale alla manodopera locale, nei limiti del possibile, è moralmente obbligato a darla. Tanto più se la sollecitazione arriva dal sindacato e dalla politica, che hanno ben presente il termometro della situazione. Ovviamente, noi come movimento disoccupati, dovremo vigilare soprattutto su eventuali assunzioni manovrate dai singoli politici. Ed è bene che si sappia fin da ora: se ciò dovesse accadere, e lo verremo a sapere giacchè qui a Pozzuoli ci conosciamo tutti e si sa tutto di tutti, siamo disposti anche a rivolgerci alla magistratura per capire se c’è stato voto di scambio o addirittura qualcosa di peggio”.
Ovviamente, come ogni organizzazione “improvvisata” che si rispetti, tanti sono gli interrogativi e i dubbi che attanagliano gli stessi “partecipanti” all’iniziativa o chi vorrebbe accodarsi a loro.
Ad esempio, giacchè per entrare nel “movimento” si deve compilare un modulo (distribuito ogni mattina a partire dalle 8 all’esterno del Municipio) con i propri dati personali ed anche la qualifica professionale, in molti si chiedono se, grazie a questa “carta scritta”, si ha una precedenza lavorativa (insomma come se si fosse in presenza di un vero e proprio Collocamento!).
E che risposta vuoi dare ad una domanda del genere?
E’ chiaro che nessuno potrà mai dire di sì, ma nessuno potrà mai nemmeno dire di no.
Così come non pochi disoccupati si lamentano del fatto che, per iscriversi al “movimento”, è richiesto (o, comunque, diciamo così, “gradito”) un contributo di 2 euro mensili, che ufficialmente, così come ha spiegato oggi il portavoce Francesco Cavaliere, serve per autofinanziamento in caso di manifestazioni e per pagare il fitto di una sede di rappresentanza.
Il fatto è che, questa sede di rappresentanza, chi ha ideato il Coordinamento Disoccupati pare l’abbia già trovata nel centro storico, in via Cosenza: e a metterla volentieri a disposizione sarebbe una neonata associazione di commercianti, ovviamente non gratis, come d’altronde è giusto che sia per chi deve far rendere una proprietà.
Comprensibilmente, chi è senza lavoro si chiede: “Noi non possiamo mettere il piatto a tavola e dobbiamo tassarci ogni mese per pagare un fitto nel posto più caro della città? Montiamo un gazebo per strada e risparmiamo questi soldi di pigione! Siamo disoccupati, mica professionisti, commercianti o imprenditori, che hanno bisogno di accogliere clientela e curare la propria immagine. A che ci serve un ufficio nel canalone? Per farci prendere in giro dalla gente? O per arricchire qualcuno? Vogliamo proprio cominciare male, allora!”.
Un’obiezione che sta velocemente riscuotendo molti consensi tra gli iscritti al coordinamento: l’obolo di 2 euro mensili infatti potrebbe essere presto sospeso o fortemente ridotto…