Aumento pensioni, guadagni 1000€ al mese? Ecco quanto riceverai dal 1º gennaio: pubblicate le cifre ufficiali

Aumento pensioni, guadagni 1000€ al mese? Ecco quanto riceverai dal 1º gennaio: pubblicate le cifre ufficiali
Aumento pensioni, guadagni 1000€ al mese? Ecco quanto riceverai dal 1º gennaio: pubblicate le cifre ufficiali

Un recente e dettagliato studio condotto dagli uffici Previdenza della CGIL e dello SPI CGIL ha gettato un’ombra di forte preoccupazione sul futuro prossimo delle pensioni in Italia. Le proiezioni riguardanti il biennio 2025-2026, elaborate basandosi su una perequazione delle pensioni fissata all’1,4%, delineano un quadro di incrementi che, seppur registrati, sono stati definiti con fermezza come “assolutamente insufficiente”. Questa insufficiente correzione è stata evidenziata dalla confederazione sindacale come un fattore critico nel recupero della perdita di potere d’acquisto, un fenomeno acuito dall’impennata inflazionistica che ha caratterizzato il biennio 2022-2023. La CGIL denuncia che gli aumenti previsti per milioni di pensionati risultano quasi del tutto erosi dall’IRPEF e dalle addizionali, con un impatto reale che si traduce in cifre minime, spesso puramente simboliche, sulle buste paga dei pensionati.Questa situazione evidenzia una discrasia significativa tra le aspettative di recupero per le fasce più deboli e la realtà degli adeguamenti previsti. Per la CGIL, il meccanismo attuale non riesce a tutelare efficacemente il reddito dei pensionati, soprattutto quelli con assegni più bassi, lasciandoli vulnerabili di fronte alle continue spinte inflazionistiche. La questione non riguarda solo l’entità degli aumenti, ma la loro reale efficacia nel migliorare concretamente la qualità della vita di chi dipende interamente dalla pensione.

Quanto aumenteranno le pensioni minime e medie

Quanto aumenteranno le pensioni minime e medie

Secondo l’analisi fornita da ilsole24ore, gli incrementi previsti per il 2025 e il 2026 mostrano variazioni contenute. Per le pensioni minime, che attualmente si attestano a 616,67 euro, l’aumento sarà di soli 3,12 euro, portando l’importo a 619,79 euro. Un incremento quasi impercettibile che difficilmente farà la differenza nel bilancio mensile di chi percepisce l’assegno più basso.

Per quanto riguarda le pensioni di fascia media, le cifre non sono molto più incoraggianti. Un pensionato che nel 2025 percepisce 632 euro netti, vedrà il suo assegno crescere a 641 euro netti nel 2026, con un aumento di appena 9 euro mensili. Anche per chi ha una pensione di 800 euro netti, l’incremento si attesta sui 9 euro mensili, passando da 841 a 850 euro. Questo significa che anche con pensioni leggermente più alte, l’impatto degli aumenti è estremamente limitato.

Gli incrementi proseguono con 11 euro al mese per una pensione di 1.000 euro netti nel 2026, dopo la trattenuta fiscale. Salendo ancora, per una pensione di 1.500 euro lordi, l’aumento netto sarà di circa 17 euro mensili, sempre dopo le dovute tassazioni. Questi dati confermano il grido d’allarme della CGIL: le cifre, seppur positive in termini assoluti, non riescono a rappresentare una reale boccata d’ossigeno per milioni di famiglie, specialmente se rapportate all’aumento generale dei costi della vita.

I meccanismi che erodono gli aumenti

I meccanismi che erodono gli aumenti

La ragione principale dietro questi incrementi modesti e la loro quasi totale erosione risiede in due fattori chiave: il meccanismo di perequazione a fasce e l’impatto dell’IRPEF.

Il sistema di perequazione, che dovrebbe garantire l’adeguamento delle pensioni al costo della vita, funziona a scaglioni. Prevede un adeguamento al 100% solo per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo (che attualmente è di 603,40 euro, quindi fino a circa 2.413 euro). Superata questa soglia, l’adeguamento si riduce drasticamente: al 90% per le pensioni tra quattro e cinque volte il trattamento minimo, e scende al 75% per gli importi superiori a cinque volte il trattamento minimo. Questo significa che più alta è la pensione, minore è la percentuale di adeguamento all’inflazione, penalizzando le fasce di reddito medio-alte che pure hanno subito l’inflazione.

A ciò si aggiunge il peso dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali. Sopra la cosiddetta “tax area” di 8.500 euro annui, l’imposta sul reddito delle persone fisiche inizia a farsi sentire, erodendo una parte significativa degli aumenti lordi. La combinazione di una perequazione già ridotta per molti e l’impatto fiscale trasforma gli incrementi nominali in guadagni netti quasi irrisori, come denunciato dalla CGIL. Questo quadro evidenzia la necessità di una revisione strutturale che possa garantire un recupero del potere d’acquisto più equo e sostanzioso per tutti i pensionati.