Babà, altro che dolce napoletano | L’hanno inventato da tutt’altra parte: smascherato l’inganno del millennio
Babà - Fonte X - pozzuoli21.it
Il babà è simbolo di Napoli, ma dietro questo dolce iconico si nasconde una storia sorprendente che cambia tutte le certezze.
Per molti il babà è l’emblema assoluto della pasticceria napoletana: vassoio della domenica, profumo di rum nei vicoli, vetrine dei bar sul lungomare.
Un dolce che sembra parlare solo dialetto, al punto che in tanti lo considerano quasi un patrimonio esclusivo del Golfo di Napoli, nato e cresciuto all’ombra del Vesuvio.
Eppure, dietro quella pasta soffice e imbevuta di sciroppo, la storia è molto più tortuosa di quanto si creda. Il successo partenopeo ha finito per coprire le sue vere origini, alimentando per decenni un equivoco clamoroso: il babà non è nato nei laboratori dei maestri napoletani, ma ha viaggiato per mezza Europa prima di fermarsi ai piedi del Vesuvio.
Un re, un dolce secco e la “rinascita” inzuppata nel rum
L’avventura del babà comincia lontanissimo dall’Italia, con il re polacco Stanislao Leszczyński. Secondo il racconto storico, il sovrano – esiliato e poi divenuto duca di Lorena in Francia – si ritrovò davanti un dolce lievitato secco e poco invitante. Fu lui a farsi venire l’idea di ammorbidirlo con vino dolce o rum, trasformandolo in una preparazione nuova, più soffice e profumata, che avrebbe poi conquistato i pasticceri francesi.
Proprio in Francia, tra Lione e soprattutto Parigi, questo dolce “resuscitato” venne perfezionato e battezzato come baba au rhum, con l’aggiunta di sciroppo zuccherato e aromi. È qui che la ricetta assume le caratteristiche che conosciamo oggi: impasto ricco di burro, lunga lievitazione, cottura in stampi particolari e bagno generoso in sciroppo alcolico. Solo dopo questo lungo viaggio il babà varcherà le Alpi per arrivare in Italia.

Come un dolce polacco-francese è diventato simbolo di Napoli
Il passaggio decisivo avviene nell’Ottocento, quando il baba au rhum entra nelle grandi pasticcerie del Regno delle Due Sicilie. A Napoli i maestri lo fanno proprio: modificano forme, dosi, grado di inzuppatura nel rum, e lo trasformano nel babà a fungo che oggi riempie vassoi e banconi. La città se ne innamora al punto da cancellarne, nell’immaginario collettivo, ogni traccia di polonità e di influenza francese.
Il risultato è l’“inganno” che dura da oltre un secolo: un dolce nato da un’idea di un re polacco, perfezionato dai pasticceri francesi e adottato in modo definitivo dai napoletani, che lo hanno reso celebre nel mondo. Così, ogni volta che addentiamo un babà convinti di assaggiare qualcosa di “solo napoletano”, in realtà celebriamo una delle storie più incredibili della pasticceria europea: un dolce straniero di origine, ma adottato da Napoli con talmente tanto amore da sembrare nato lì.
