In un precedente scritto dello scorso 6 febbraio su questo blog pubblicammo una notizia in anteprima circa la illegittimità dell’utilizzo delle canne fumarie cosiddette “a carboni attivi”.
Fummo i primi ad evidenziare la pubblicazione di un provvedimento della giustizia amministrativa prima in Italia e guarda caso emessa dal Tar Campania – sede di Napoli.
La sentenza che evidenziammo era la 447/2024 del Tar Campania di Napoli, che aveva sancito con estrema chiarezza la illegittimità e soprattutto nocività alla salute pubblica e privata circa l’utilizzo delle canne fumarie a carboni attivi, e di quanto fuoriusciva dalle bocche della canna fumaria “ecologica” (ma che di ecologico non ha niente, anzi…).
Qualcuno si chiederà del perché tornare oggi, a distanza di quasi sei mesi, sullo stesso argomento.
Ebbene, la novità è che la sentenza è diventata “cosa giudicata” (per non essere stata impugnata da nessuna delle parti) il che che costituisce un precedente luminare, cui adesso sicuramente altri giudici faranno riferimento.
Un provvedimento giurisdizionale, quando diventa giudicato, è infatti come se diventasse quasi alla pari di una legge, nel senso che quel principio è stato ritenuto soddisfacente e corretto a tutte le parti processuali e in quanto provvedimento definitivo diventa una pietra miliare nel mondo giudiziario, alla pari di una norma cogente.
A questo punto ne dovranno tener conto anche le Pubbliche Amministrazioni, tramite i suoi funzionari, che dovranno, per forza di cose, rivedere i propri regolamenti e/o disapplicarli alla luce della manifesta nocività e, quindi, illegittimità di queste apparecchiature sia per il futuro, ma anche per il passato, in quanto, la tutela della salute pubblica deroga alla irretroattività.
La omissione di tale attività amministrativa (obbligo alla tutela della salute pubblica) espone i funzionari, e soprattutto i Sindaci, alla commissione di reati previste da diverse norme penali, tutte a tutela della salute pubblica e/o privata.
Vediamo nel particolare cosa sancisce la sentenza.
In primo luogo la questione giuridica è sorta perché un’attività commerciale posta all’interno di un condominio non aveva avuto l’autorizzazione per l’apposizione del tubo lungo la facciata del condominio e, consigliata (oggi diremmo in maniera maldestra) da un tecnico, ha optato per l’utilizzazione di una canna fumaria a carboni attivi (di quelle che a “chiacchiere” non dovrebbero emanare né odori né altre).
L’attività è stata chiusa nonostante le autorità preposte al controllo hanno relazionato che c’era un livello di manutenzione consono, ma che comunque considerato i rilievi scientifici pubblicati, nelle more, sul mezzo tecnologico, era da considerarsi nociva alla salute.
L’attività commerciale ha proposto ricorso amministrativo avverso il provvedimento di chiusura alla giurisdizione del Tar Campania – sede di Napoli. Il procedimento giudiziario è stato assegnato alla sezione 8° – Giudici Alessandro Tomasetti (Presidente), Vincenzo Cernese (Giudice Relatore) e Pierangelo Sorrentino; il Consigliere Relatore ha redatto una sentenza (divenuta oramai cosa giudicata ex art. 2909 c.c. – repetita juvant) che, non solo ha evidenziato quanto si dirà in seguito, ha sancito un principio oramai divenuto irrevocabile e che farà scuola sia ad altre magistrature, ma che creerà un filone giudiziario che travolgerà l’utilizzo di questa tecnologia non salutare per la collettività.
L’attività commerciale ha chiuso e si è dovuta trasferire in altri luoghi.
Il condominio, nel caso di specie vincitore, difeso dall’avv. Luciano Costanzo, del foro di Napoli Nord, ha finalmente riottenuto la pace.
La sentenza è un misto di trattato di diritto e medicina, in quanto ha cura di evidenziare la nocività dell’utilizzo di queste canne fumarie (a carboni attivi) alla salute pubblica e privata e, in quanto tali, ne va proibito l’utilizzazione da parte dell’amministrazione, costituendo un danno presuntivo (come statuito anche dalla Corte di Cassazione in una recentissima sentenza del mese di giugno 2024 proprio in una vicenda similare) da liquidarsi anche in mancanza di prova.
Altro particolare sancito dalla sentenza è quello che, secondo il Collegio dei giudici, non serve alcuna apparecchiatura (il cosiddetto “naso elettronico”) per provare la fuoriuscita degli “odori”, essendo sufficiente che la persona media percepisca gli odori, così facendo acquisendo le modalità istruttorie dei giudici civili in materia di procedimenti civili ex art. 844 c.c..
La circostanza che non sia sufficiente alcuna apparecchiatura elettronica per il controllo era già seguita dall’Asl Napoli 2 (fra tanti il dottor Armando Di Fraia) che in una sua relazione in materia ha evidenziato quanto sopra ed ha concluso per la persistenza della fuoriuscita dei mali odori, invitando le autorità amministrative competenti alla risoluzione amministrativa del problema.
Purtroppo alcune amministrazioni hanno avuto la “cattiva” idea di introdurre clausole regolamentari (che all’epoca dell’approvazione potevano apparire legittime ai fini sanitari), ma, come si dirà a breve, in materia di sanità non c’è regolamento comunale che tenga, quando c’è di mezzo la salute!!!!!
La giustizia amministrativa ha sancito da tempo (una fra tutte Tar Marche nel 2003 e successive) che “il principio dell’irretroattività non vale quando il provvedimento è adottato a tutela della salute pubblica” (Tar Lecce 2013 e successive), e quindi, in caso di previsione di normativa regolamentare di legittimità dell’uso delle canne fumarie a carboni attivi, la norma (secondaria) stessa deve essere disattesa (disapplicato), in attesa che l’amministrazione lo abroghi definitivamente, con buona pace delle attività commerciali che utilizzano le canne fumarie fuorilegge (a carboni attivi), ovvero che si trasferiscano in altri luoghi (come indicato dalla sentenza in esame).
In caso di denuncia (ove mai nessuna segnalazione di ufficio avvenga…) della cittadinanza, la pubblica amministrazione, senza alcun ritardo DOVRA’ inibire l’utilizzo della attrezzatura, concedere un termine per l’adeguamento (ove consentito dagli strumenti urbanistici), ma nel periodo dell’adeguamento, diffidare l’attività commerciale all’esercizio (se quell’attività rappresenta l’esclusiva) ovvero inibire l’esercizio commerciale relativo a quel ramo di attività.
E’ chiaro che in caso di omissione da parte dell’ente Comune, i cittadini potranno rivolgersi alla giustizia per l’eliminazione del problema (immissioni di odori sgradevoli) con riconoscimento del danno alla salute presuntivo (quasi in automatico) giusta gli insegnamenti della recentissima indicazione della Suprema Corte del giugno 2024; il tutto con aggravio di spese a carico dell’ente comune, con l’accessorietà che qualche magistrato penale inquirente non apra qualche fascicolo… .
La gravità della fattispecie è anche quella che in materia di sanità c’è la competenza anche del Prefetto.
*avvocato Salvatore Salomè