mercoledì, Marzo 19, 2025
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Carlo Pubblico sta diventando il comandante delle cause perse…

Ancora una sconfitta in Tribunale per il Municipio a causa dell’operato del comandante dei vigili urbani Carlo Pubblico: il terzo insuccesso in primo grado, nei confronti di altrettanti dipendenti comunali che erano stati sottoposti a procedimenti disciplinari grazie al capo dei caschi bianchi.

Verdetti negativi che arrivano sempre con le stesse motivazioni: contestazioni tardive oppure firmate da chi non ne aveva titolo.

tribunaleLa sentenza di cui ci occupiamo oggi è del 19 aprile scorso ed è stata emessa da Antonella Filomena Sarracina, giudice della seconda sezione Lavoro del Tribunale di Napoli.

I fatti riguardano un maresciallo maggiore della polizia municipale, M.A., che, nel giro di 48 ore, tra l’11 ed il 13 marzo del 2015 ricevette due sanzioni, per complessive 24 ore e 14 minuti di stipendio trattenuto sulla busta paga e 24 giorni totali di sospensione dal servizio e dalla retribuzione.

Una mazzata non da poco, causata dal fatto che questo vigile marcava e smarcava il cartellino non nella sede del Comando ma negli uffici di via Carlo Levi a Monterusciello.

Un  comportamento che il maresciallo ha sempre motivato come strettamente legato al suo incarico presso il Nucleo Informatori dei vigili, che lo portava comunque ad avere contatti quotidiani con gli uffici di via Levi, dove fino al 2012 il Nucleo aveva sede.

Ma non sono state queste giustificazioni a determinare l’esito della vertenza, bensì la scoperta di sostanziali irregolarità commesse dal comandante Pubblico nel procedere alle sanzioni.

Innanzitutto, come scrive il giudice, “le due lettere di contestazione disciplinare” non fanno “alcun riferimento al comportamento contestato” al vigile, per cui veniva violato l’articolo 7 della legge 300 del 1970, essendosi verificata la “mutazione sostanziale dei fatti addebitati”.

La logica è elementare. Se mi accusi di aver rubato un’arancia, non puoi contestarmi ufficialmente di essere passato col rosso: devi contestarmi ufficialmente la stessa cosa di cui mi accusi!

Tuttavia il punto in cui, come dice il proverbio, “casca l’asino”  è la modalità di entrambe le contestazioni.

La legge dice infatti che questa tipologia di procedimenti disciplinare deve concludersi (con la sanzione o l’archiviazione) entro 60 giorni dalla contestazione dell’addebito o 120 giorni nei casi più gravi.

Ebbene: sia il primo procedimento (avviato il 29 luglio 2014 e terminato l’11 marzo 2015)  che il secondo  (avviato il 26 agosto 2014 e terminato il 13 marzo 2015) sono stati conclusi oltre ogni limite temporale previsto dalla norma.

Il comandante Pubblico
Il comandante Pubblico

Il giudice, infatti, ha chiarito che vale, come data di notifica della sanzione al lavoratore, quella ufficiale acquisita agli atti del protocollo comunale e non quella apposta in calce al provvedimento.

Non solo: il giudice Sarracino ha anche aggiunto che la seconda sanzione emessa a carico del vigile (quella notificata il 13 marzo 2015 e relativa alla sospensione dal servizio e dallo stipendio per 22 giorni, con trattenuta in busta paga di 23 ore e 34 minuti) non poteva nemmeno essere irrogata dal comandante dei vigili urbani, in quanto la norma (articolo 55 bis comma 4 del decreto legislativo 165/2001) stabilisce che il responsabile della struttura a cui appartiene l’incolpato, non può mai emettere a carico di un proprio sottoposto sanzioni superiori a 10 giorni di sospensione.

Per questo tipo di sanzioni, infatti, è previsto che si ricorra ad un organo “imparziale”, l’ufficio dei provvedimenti disciplinari.

Ufficio al cui vertice il segretario comunale Matteo Sperandeo, per cumulo di incarichi, ha delegato proprio il comandante Pubblico.

Il quale, però, non essendo dotato del requisito della “terzietà” rispetto ad un procedimento disciplinare grave a carico di un proprio diretto dipendente, è sempre automaticamente incompatibile come “giudice disciplinare” del Municipio ogni volta che decide sanzioni di entità superiori ai 10 giorni di sospensione per un vigile urbano.

Per tutti questi motivi, il Comune è stato condannato a restituire al vigile M.A. tutti i soldi indebitamente trattenuti sullo stipendio più interessi e rivalutazione.

soldiLa domanda è sempre la stessa in circostanze del genere: nel caso in cui il verdetto dovesse essere confermato anche in Appello (sempreché il Municipio decida di ricorrere in secondo grado), questi soldi (comprese le parcelle dell’avvocato incaricato di difendere l’Ente) li pagheremo noi contribuenti o il comandante Pubblico di tasca propria, come sarebbe giusto che fosse?

E cosa ne pensa il nucleo di valutazione dei dirigenti di un comandante dei vigili che, in virtù del proprio operato, ottiene questi risultati così negativi per le casse della collettività?

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