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COLPO DI SCENA/ Il voltafaccia di Pennacchio fa perdere a Ismeno il simbolo del PD?

Degna di una vera e propria telenovela, questa campagna elettorale riserva ogni giorno una clamorosa sorpresa.

E le ultime incredibili novità non depongono certo a favore del candidato sindaco Paolo Ismeno, che vede progressivamente sgretolarsi la coalizione in suo sostegno.

Dopo l’abbandono dei Cinque Stelle in seguito alle delicate indagini giudiziarie che vedono coinvolto il primo cittadino Enzo Figliolia sull’appalto per il rione Terra e gli stessi “maldipancia” del Capo dell’Amministrazione (che, per vendicarsi di un Pd ormai ostile alla sua candidatura, tenterà fino all’ultimo momento di mollare Ismeno e svuotare le sue liste costruendo una civica ed un’altra alleanza con un nuovo aspirante alla fascia tricolore), per l’attuale assessore comunale al bilancio è arrivata un’altra mazzata, ossia il passaggio del consigliere Mimmo Pennacchio dalle sue fila a quelle del concorrente diretto Gigi Manzoni.

Una “migrazione” a dir poco sorprendente, visto che lo stesso Pennacchio si era lasciato fotografare sorridente il 30 aprile proprio all’inaugurazione del comitato elettorale di Ismeno, del quale, per l’appunto, appariva un convinto sostenitore.

Invece, proprio ieri, con la diffusione sui social del suo “santino”, è stato, di fatto, ufficializzato il “matrimonio” dell’imprenditore con i “manzoniani”.

Un accordo che ha un peso specifico enorme.

Lo spostamento di Pennacchio vale infatti non solo un potenziale differenziale di circa 2.000 voti complessivi da una fazione all’altra (Mimmo ha preso 987 preferenze alle elezioni del 2017: ed è chiaro che, se confermasse questo trend, il suo valore elettorale sarebbe raddoppiato in quanto andrebbe calcolato in “uscita” da una parte ed in “entrata” dall’altra) ma potrebbe significare addirittura il rischio, per Paolo Ismeno, di perdere nientemeno che l’utilizzo del simbolo del Partito Democratico.

Il motivo non è semplicissimo da spiegare ai non addetti ai lavori ma è tutto illustrato nello statuto dei Dem.

Statuto a cui le segreterie dei vari livelli istituzionali del Pd si sono appellate, richiamando norme ed interpretazioni varie, decidendo di attribuire ad Ismeno il diritto a potersi definire candidato sindaco del partito.

Per chiarire la situazione bisogna fare un passo indietro di qualche mese, quando, non appena emerse ufficialmente la doppia candidatura a sindaco all’interno del Pd (Manzoni ed Ismeno), i dirigenti vicini a Manzoni chiesero di poter celebrare le primarie per poter scegliere quale dei due candidati avesse titolo a rappresentare il Pd.

Primarie che la coalizione a sostegno di Ismeno non volle celebrare e che, dunque, a quel punto, come da statuto, si sarebbero dovute effettuare solo tra gli elettori del Pd, ma solo a patto che fosse d’accordo almeno il 60% (ossia i tre quinti) dell’assemblea degli iscritti al circolo puteolano del partito.

Sessanta per cento che, nei delicati equilibri interni al partito, era diventato ben presto tutto a vantaggio di Ismeno, ribaltando la situazione precedente in cui tutti gli iscritti che facevano riferimento ad Ismeno erano invece “pro Manzoni”, giacché Ismeno, prima di candidarsi a sindaco, era un sostenitore di Manzoni, che peraltro lo aveva “suggerito” a Figliolia nel ruolo di attuale assessore.

Con anche il 60% di iscritti puteolani al partito contrari alle primarie, dunque, il Pd locale è arrivato ad ottenere, fino ai vertici nazionali, il diritto di poter decidere con un “diverso metodo concordato con la coalizione” la candidatura a sindaco.

E lo ha fatto, designando appunto Paolo Ismeno come candidato del Pd, raccogliendo le firme proprio di quel 60% di iscritti al partito.

Ma in quel 60% di iscritti contrari alle primarie c’erano anche i tesserati di riferimento di Mimmo Pennacchio, che proprio ieri però è passato con Manzoni.

Quindi, quel 60% che diceva “no” alle primarie, oggi, non esiste più.

E il nodo da sciogliere adesso è tutto qui.

A sei giorni dalla ufficializzazione delle candidature con la presentazione delle liste (che dovrà avvenire entro mezzogiorno di sabato 14 maggio) il Pd, di fatto, non ha più i “numeri” per poter decidere insieme alla coalizione il proprio candidato sindaco a Pozzuoli senza dover ricorrere alle primarie di partito.

E siccome non c’è più tempo per poter celebrare le primarie, i dirigenti provinciali (che si riuniranno mercoledì pomeriggio in seduta straordinaria anche per affrontare questo problema), regionali e nazionali del Pd (sulla base di regolamenti ed eventuali ulteriori interpretazioni dello statuto) sono chiamati a stabilire, entro sabato, se l’utilizzo del simbolo del partito potrà essere comunque appannaggio di Ismeno, che, ad oggi, numeri alla mano, non appare più legittimato a rappresentare il 60% di iscritti al circolo puteolano contrari alle primarie e favorevoli alla sua candidatura.

Nulla si può escludere al momento: ma, stando così le cose, nessuno può escludere anche un ricorso dei dirigenti e degli iscritti di riferimento dell’area Manzoni per chiedere, alla commissione di garanzia nazionale del partito, che il simbolo del Pd, già negato a Manzoni, sia tolto anche ad Ismeno.

Un papocchio che porterebbe gli elettori della quarta città della terza regione d’Italia a non vedere sulla scheda elettorale il simbolo del partito tornato in vetta alle intenzioni di voto su scala nazionale.

Figuraccia di cui ovviamente qualcuno dovrebbe poi assumersi la responsabilità.

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