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Contratti di lavoro contestati nei centri di riabilitazione: le due “campane” a confronto

E’ polemica da giorni sulla vicenda che riguarda il contratto degli operatori del settore della riabilitazione privata e convenzionata. La questione è stata sollevata dalla Cgil (che ha proclamato lo stato di agitazione dei lavoratori del comparto) e rilanciata da otto consiglieri comunali dell’opposizione (Marzia Del Vaglio, Vincenzo Figliolia, Guido Iasiello, Paolo Ismeno, Salvatore Maione, Gianluca Sebastiano, Paolo Tozzi  e Antonio Villani), che hanno scritto una lettera aperta indirizzata al governatore Vincenzo De Luca e al presidente della commissione regionale Sanità.

“Facendo seguito a una modifica del contratto collettivo nazionale di lavoro – scrivono gli otto consiglieri –  i proprietari/imprenditori dei centri di riabilitazione privata e/o convenzionata con la Regione Campania hanno scelto di promuovere la sottoscrizione di un modello contrattuale (cosiddetto contratto AIAS) con tutele sensibilmente ridotte rispetto ai contratti attualmente vigenti. Come si apprende dalle agitazioni sindacali, il nuovo contratto potrebbe prevedere minori tutele (giorni di malattia non retribuiti, integrazione parziale della maternità, riduzione dei giorni di ferie) e decurtazioni salariali fino al 40%.  Sebbene tale modifica contrattuale sia avallata dal contratto collettivo nazionale di lavoro, appare evidente che una simile scelta contrasta con lampanti esigenze di carattere sociale e/o assistenziale.  Invero, in un momento storico come quello attuale, in cui le famiglie risultano grandemente vessate da rincari, ed in un contesto socioeconomico precario, la sottoscrizione di un contratto con simili caratteristiche risulta un’operazione imprenditoriale e devastante sul piano sociale. Ciò anche in considerazione del livello elevatissimo di utili comunque conseguito dalle società private che gestiscono i centri di riabilitazione nell’ultimo esercizio finanziario, che rende la riduzione dei salari e delle tutele per i lavoratori (il cuore pulsante di tali attività) assolutamente ingiustificata.  La modifica contrattuale, del resto, non risulta coerente nemmeno con i più basilari principi di assistenza territoriale. Le cure riabilitative, soprattutto se a vantaggio dei minori, rappresentano infatti un servizio miniale di tutela della persona, in grado di incidere enormemente sullo stile di vita e sul benessere psicologico del paziente. Per tale ragione, al duplice scopo di assicurare la continuità dei trattamenti dei pazienti e garantire maggiori tutele ai lavoratori del settore, chiediamo che la Regione Campania avvii un tavolo di confronto per rimodulare le clausole previste dal contratto. In questo senso, il Consiglio Regionale potrebbe dar seguito all’ordine del giorno n. 331 del 20 dicembre 2021, approvato all’unanimità dal Consiglio Regionale, che impegnava la Giunta, inter alia, regionale a farsi promotrice presso il Governo nazionale affinché si garantisse l’uniformità qualitativa delle prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale e a tutela delle imprese che, applicando il contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria, subiscono una forte discriminazione.  Analogamente, stabilire per legge rigidi criteri di accreditamento che tengano conto delle condizioni dei lavoratori e dei contratti effettivamente applicati, potrebbe costituire il primo passo per ristabilire maggiori tutele per tutti i lavoratori. È tempo che i territori ed i Comuni, primo baluardo per le proprie comunità, facciano rete e collaborino in questo senso con gli enti sovraordinati. Oltre le differenze politiche ma nell’esclusivo interesse dei pazienti e dei lavoratori”.

In merito a questo contenzioso, c’è però da registrare anche la posizione del Centro Serapide, che ha inviato in proposito una nota di chiarimenti, di cui riportiamo il testo integrale.

“L’elemento cardine delle attività del Centro Serapide sono le persone con le loro professionalità ed è evidente che, per svolgere l’attività per tanti anni con i risultati ottenuti, il Centro si è preso cura di tutti coloro che compongono il proprio staff. Pertanto, le accuse che, principalmente da parte della Cgil, vengono rivolte ai titolari ed ai responsabili del Centro, non possono che essere strumentali e finalizzate non a certo a reprimere atteggiamenti aziendali nei confronti dei propri collaboratori. Atteggiamenti, peraltro, che, così come sono rappresentati dalla stessa Cgil, sarebbero inutili ed economicamente dannosi, oltre che completamente estranei alla mission aziendale. Oltretutto, le accuse rivolte dalla Cgil in merito al cambio del contratto sono evidentemente incoerenti con la storia e con quanto concordato dalla stessa Cgil in sede di firma del contratto collettivo nazionale di lavoro.  Infatti, in fase di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro AIOP e ARIS, l’8 ottobre 2020, tutte le organizzazioni sindacali, compresa la Cgil (che impropriamente definisce tale contratto  come l’unico di riferimento per la sanità privata), firmavano, in merito all’articolo 1, in cui si inseriscono per la prima volta i centri di riabilitazione (e che testualmente recita: “Sfera di applicazione del contratto  – Il presente Contratto si applica a tutti i lavoratori appartenenti alle categorie e qualifiche professionali di cui al successivo art. 52, che operano negli IRCCS e nelle strutture sanitarie ospedaliere – iscritte ad Aiop ed Aris – per acuti, per riabilitazione ospedaliera e lungodegenza. Il presente contratto si applica anche ai Centri di Riabilitazione che alla data di sottoscrizione della pre-intesa ancora adottino il previgente C.C.N.L. per il personale non medico dipendente delle strutture sanitarie private”) la seguente Dichiarazione Congiunta numero 1, che testualmente recita: “Aris, Aiop, Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, al fine di evitare dubbi interpretativi in merito all’art. 1, si danno reciprocamente atto che: 1. resta ferma la possibilità per le Strutture di cui al secondo comma dell’art. 1 di applicare successivamente un altro contratto collettivo, nel rispetto delle disposizioni di legge in materia di relazioni sindacali; Il Centro Serapide, già cosciente di questa mancanza del contratto collettivo nazionale di lavoro e prendendo spunto proprio da tale Dichiarazione Congiunta, decide di aderire all’associazione AIAS e, di conseguenza, di applicare il contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto tra quest’ultima e le sigle sindacali comparativamente più rappresentative.  Ciò non può essergli impedito solo perché la Cgil si è dissociata dalle altre confederazioni sindacali e ha deciso di non sottoscrivere il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro con AIAS smentendo, oltretutto, quanto sottoscritto in quella Dichiarazione Congiunta. Con l’applicazione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro, il Centro, quindi, non intendeva e non intende danneggiare i propri lavoratori né dal punto di visto economico né dal punto di vista normativo. Tale intenzione (allo scopo di non poter essere più smentita da chi voglia screditare la nostra azienda) è stata oltretutto comunicata il 19 settembre scorso, in risposta all’ennesima missiva della Fp-Cgil, al Prefetto di Napoli, alla Commissione di Garanzia per l’attuazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, all’Azienda Sanitaria Locale Napoli 2,  all’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Napoli, alla Regione Campania Direzione Generale per la tutela della Salute,  al Presidente della Regione Campania ed ai consiglieri regionali Valeria Ciarambino, Franco Picarone, Gianpiero Zinzi nonché agli organi di stampa.  In tale comunicazione, il Centro Serapide, non solo ha dichiarato e confermato che, con il cambio del contratto collettivo nazionale di lavoro, sarebbero stati mantenuti tutti i diritti maturati dai lavoratori in servizio, sia in merito al trattamento economico sia in merito alle norme che hanno regolato il rapporto di lavoro, ma ha anche ribadito l’intenzione, già comunicata e verbalizzata alle organizzazioni sindacali, di proseguire nell’avviato progetto di individuazione di un sistema di analisi e valutazione oggettiva delle competenze, con l’obiettivo di realizzare un’analisi dei fabbisogni di formazione continua e di definire gli indici di valutazione delle performance utili a consentire il raggiungimento di un accordo di secondo livello per il riconoscimento di premialità ai lavoratori che possano incrementare le retribuzioni di questi ultimi, indipendentemente dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato”.

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