Ci sono nuovi sviluppi in merito all’incresciosa vicenda che abbiamo raccontato lo scorso 11 gennaio e che vede protagonista il consorzio “Copin” (di proprietà della famiglia della senatrice Giulia Cosenza) come debitore di un’ingente somma di denaro nei confronti di una donna rimasta invalida a vita a causa di un incidente stradale avvenuto nell’ottobre 1995 all’interno del tunnel Monte Nuovo.
La signora, infatti, ha ottenuto dal Tribunale il diritto ad ottenere un risarcimento danni di oltre 1 milione e 100 mila euro in quanto lo stesso “Copin” è stato ritenuto corresponsabile del sinistro a causa della “cattiva progettazione” della galleria in cui avvenne il tragico impatto, che costò la vita ad un noto avvocato napoletano.
Ebbene, la donna (che ancora deve ricevere dal consorzio una cifra ad oggi quantificata in circa 265mila euro, tra capitale ed interessi maturati nel corso del tempo) ha azionato, attraverso un decreto ingiuntivo, la procedura di pignoramento di tutti i beni del consorzio.
Ma l’ufficiale giudiziario incaricato di rendere esecutivo il provvedimento, soltanto l’altro ieri, dopo una serie di infruttuosi tentativi di accesso, è riuscito a farsi aprire da un responsabile del “Copin” la porta dell’ingresso della sede legale di via Celle.
Dove è stato possibile sottoporre a pignoramento soltanto tre stampanti e gli arredi dell’ufficio, per un valore complessivo stimato di 10mila euro.
Oggetti che adesso dovranno essere venduti all’asta, col ricavato che ovviamente servirà a soddisfare soltanto un’infinitesima parte del credito residuo vantato dalla donna.
E’ dunque probabile che se dal “Copin” continueranno a dichiarare di non sapere né se esistano né dove siano custoditi eventuali altri beni della società, a cominciare dal denaro contante, alla donna non resterà altro che chiedere il fallimento della società.
Una situazione che, come abbiamo già sottolineato nel nostro precedente articolo, rischia di diventare esplosiva, soprattutto per le numerose inquietanti voci che circolano da tempo proprio sul “Copin” in merito a lavori fermi, dismissione di personale, ulteriori creditori alle porte, liti con la struttura commissariale di governo su appalti in corso.
Tutto questo in un territorio in cui il “Copin” da decenni fa la parte del leone su importantissime opere pubbliche, con ricadute occupazionali importanti per molte altre aziende fornitrici di servizi e su un’area strategica per lo sviluppo di Pozzuoli, come quella del Waterfront, anch’essa di proprietà della stessa famiglia Cosenza.
Siamo dunque di fronte ad una questione complessa, tutta da chiarire e anche nel più breve tempo possibile.
La stessa politica locale (che amministra un territorio in cui le sorti del “Copin” non sono certo un problema secondario) dovrebbe iniziare ad interessarsene, prima che sia troppo tardi.