In principio erano 20 minuti, poi sono raddoppiati a 40, adesso (se sei fortunato) te la cavi in un’ora.
Indovinare quando passerà un treno della Cumana è ormai diventato più difficile che centrare un 6 al Superenalotto.
Se vuoi “usufruire” di questo (dis)servizio, infatti, l’unica cosa che sai è che sei uscito di casa, ma non sai né se né quando arriverai a destinazione.
E’ la croce quotidiana di chi non ha l’auto o ritiene troppo dispendioso usarla per recarsi a Napoli.
E paga un biglietto da 1 euro e 70 centesimi per “regalarsi” 120 minuti di follia in attesa e all’interno dei vagoni più pazzi del mondo.
Soldi che in realtà, se fosse in vigore una legge morale, dovrebbero passare dalle casse dell’azienda alle tasche dei passeggeri (e non viceversa) per lo schifo quotidiano i pendolari devono sopportare.
Ogni giorno c’è una novità diversa per fare ritardo: i dipendenti che non prendono soldi dai tempi di Noè o rischiano il licenziamento e scioperano occupando i binari, la solita agitazione sindacale proclamata sistematicamente con la frequenza media di una volta al mese (ma quello è l’unico momento in cui almeno i treni nelle fasce “garantite” passano in orario: altrimenti le organizzazioni di categoria pagano caro e amaro…), la carenza di convogli (a volte ne sono in esercizio soltanto due e, per dire, se perdi una corsa, devi aspettare che dal capolinea parta un treno che ripassi nella stazione dove ti trovi in quel momento) ed altro ancora.
Il tutto nella pressoché totale assenza di informazioni preventive.
Puoi chiedere anche al casellante se e quando vedrai transitare il tuo treno, specie quando ne vedi passare due o tre consecutivi nella direzione opposta a quella che ti occorre.
Lui (o lei) ti allargherà le braccia, scrollerà la spalle e ti confiderà amichevolmente, nella maggior parte dei casi: “Non lo so neanche io, sto telefonando ad un responsabile per sapere cosa è successo, ma non mi risponde nessuno. Però non vi preoccupate, prima o poi il treno da qua deve passare…”,
Insomma, tutto ciò che può accadere di più assurdo, alla Cumana accade.
Puoi anche essere costretto a dover abbandonare il treno in galleria perché si sta bruciando qualche componente.
Puoi anche sentirti male in un vagone pieno come un carro bestie (e per forza c’è la folla, se saltano sistematicamente le corse!) perché uno o più finestrini sono bloccati o apribili solo con la forza di Sansone e non c’è ricambio d’aria.
Puoi anche stare fermo per un quarto d’ora in un tunnel o in una stazione perché si è in attesa di una coincidenza o perché un semaforo indica per sbaglio uno stop col rosso.
E puoi perfino liberamente viaggiare a sbafo, visto che (sempre dopo essere riusciti a trovare un’obliteratrice funzionante in stazione e un’attività commerciale, aperta a qualsiasi ora, che ti venda un biglietto o non li abbia finiti…) di controllori sui treni non ce ne sono più (o, se ci sono, preferiscono non “controllare” onde evitare problemi di ordine pubblico con i pendolari inferociti, dalla serie “vuoi pure il biglietto per questa vergogna?”) e non ce ne sono nemmeno al capolinea di Montesanto, dove vigeva, fino a qualche mese fa, la buona abitudine di verificare l’acquisto del tagliando all’uscita della stazione.
In effetti, la storia è quella del cane che si morde la coda.
Se non fai il biglietto, l’azienda incasserà ancora meno soldi e la situazione peggiorerà anche per te.
Ma la voglia di farlo, questo biglietto, con un disastro del genere, passa solo al pensiero di dover tirar fuori anche un centesimo per un calvario così.
Anzi, ti verrebbe proprio il desiderio di pretendere un risarcimento danni da chi gestisce la Cumana, soprattutto se sei un dipendente, arrivi tardi al lavoro perché il treno ha saltato una o più corse e ti becchi una multa sullo stipendio, oppure devi regalare uno straordinario per recuperare del tempo perduto non per colpa tua.
Doppia beffa: non solo ti svegli all’alba inutilmente, butti il sangue prima sulla fermata e poi nel treno in cui non c’è spazio nemmeno per uno spillo, ma devi anche dare il “resto”: ossia regalare una parte della tua giornata o dei tuoi soldi a chi ti paga uno stipendio e, se vuole, può tranquillamente (e giustamente) fregarsene dei problemi che ti vengono creati per raggiungere il luogo di lavoro.
Di fronte a tutto questo, lancio un appello a tutti i magistrati napoletani.
Vendicate i cittadini perbene con la forza della legge!
Indagate su questo scandalo! E arrestate o processate tutti coloro (a livello aziendale, sindacale, politico, dirigenziale e chi più ne ha più ne metta) che nel corso degli anni si sono, direttamente o indirettamente, “prodigati” per giungere a questo sfascio.
Aiutateci a dare un segnale forte nei confronti di chi si è preso gioco della collettività, buttando dalla finestra i soldi pubblici, i soldi di tutti noi.
Cari magistrati, voi che avete questo potere, usatelo (e usatelo con esemplare severità) in nome del popolo stremato dei pendolari.
Siete l’ultimo treno su cui possiamo salire.
L’unico treno che ci porterà finalmente verso una destinazione concreta.
La meritata galera per chi ha affossato la Cumana.
Dolosamente o per incapacità.