Domiciliari? No, preferisco il carcere | Clamoroso a Napoli: si presenta dai Carabinieri per farsi arrestare

Domiciliari? No, preferisco il carcere | Clamoroso a Napoli: si presenta dai Carabinieri per farsi arrestare

Carabinieri - Pexels - pozzuoli21.it

Domiciliari? No, ha scelto il carcere: a Napoli un uomo si è presentato spontaneamente dai Carabinieri chiedendo di essere portato in cella

Gli arresti domiciliari vengono spesso percepiti come una misura più “leggera” rispetto al carcere, una condizione che permette comunque di restare in un ambiente familiare, circondati da abitudini e persone conosciute.

Eppure non sempre è così: per qualcuno, la convivenza forzata tra quattro mura può trasformarsi in una prigione ancora più insopportabile, fatta di tensioni continue, spazi ridotti e rapporti personali ormai logorati.

A Napoli si è verificato un episodio che ribalta completamente questa prospettiva: un uomo che avrebbe dovuto rimanere in casa per scontare la propria pena ha deciso di violare le prescrizioni, ma non per fuggire lontano.

Al contrario, ha scelto di presentarsi direttamente in una caserma dei Carabinieri e chiedere esplicitamente di essere portato in carcere, convinto che stare in cella fosse preferibile alla situazione esplosiva che si era creata tra le mura domestiche. Un caso limite che racconta bene quanto, a volte, la misura alternativa possa diventare insostenibile.

Lite in casa e fuga “al contrario”: meglio il carcere dei domiciliari

Secondo quanto ricostruito, protagonista della vicenda è un 54enne napoletano sottoposto agli arresti domiciliari nel quartiere di Scampia, nella zona nord di Napoli, dove stava scontando una pena per reati legati alla droga. Non potendo restare nella propria abitazione, l’uomo aveva trovato ospitalità presso un amico, che lo aveva accolto in casa per permettergli di rispettare le prescrizioni imposte dal giudice. Una convivenza nata come soluzione temporanea, ma rivelatasi ben presto un percorso a ostacoli.

Stando al racconto fornito alle forze dell’ordine, i problemi erano cominciati da subito: discussioni continue sull’uso del cucinotto, del bagno, della doccia, litigi per ogni dettaglio della vita quotidiana. In un appartamento piccolo, condividere gli spazi era diventato un incubo e l’atmosfera si era fatta via via più pesante. Dopo l’ennesima lite, il 54enne ha preso una decisione drastica: è uscito dall’abitazione violando i domiciliari e ha raggiunto la caserma, dove avrebbe detto ai militari una frase eloquente, chiedendo di andare in carcere “altrimenti qui finisce male”. Una vera e propria evasione “al contrario”, motivata dal desiderio di allontanarsi da una convivenza ormai ingestibile.

Camionetta Carabinieri – Pexels – pozzuoli21.it

Dai domiciliari alla cella: cosa è successo dopo la richiesta ai Carabinieri

Una volta arrivato davanti alla caserma, l’uomo ha suonato il citofono e chiesto di entrare. I Carabinieri, che lo conoscevano già perché incaricati dei controlli sul rispetto degli arresti domiciliari, lo hanno riconosciuto immediatamente. A quel punto il 54enne ha raccontato nei dettagli la sua versione dei fatti: l’ennesima lite con il coinquilino, la convivenza definita impossibile, la scelta di “tagliare la corda” e presentarsi in caserma per chiedere di essere trasferito in un istituto di pena. Per lui, paradossalmente, la cella rappresentava una scelta di maggiore tranquillità rispetto alla permanenza in casa.

I militari hanno ascoltato il racconto e poi hanno contattato il magistrato di turno della Procura di Napoli, esponendo la situazione: un soggetto formalmente evaso dai domiciliari che, invece di darsi alla fuga, chiedeva espressamente di essere arrestato e mandato in carcere. Il pubblico ministero ha quindi disposto il trasferimento in carcere, dove l’uomo proseguirà l’esecuzione della pena. Con ogni probabilità, però, dovrà rispondere anche del reato di evasione, con il rischio concreto di un aggravamento complessivo della sua posizione. Una storia che fotografa un cortocircuito raro, in cui il carcere viene percepito come un “male minore” rispetto alla convivenza forzata tra le mura di un appartamento diventato, giorno dopo giorno, una trappola domestica.