martedì, Settembre 10, 2024
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ESCLUSIVO/ Mensa scolastica: il Tar caccia la ditta e censura il Comune. Tutto da rifare per i pasti in classe?

Dalle aule della giustizia amministrativa arriva una svolta clamorosa sul servizio di refezione scolastica in città

La sesta sezione del Tar (presidente-estensore Paolo Passoni, consiglieri Davide Soricelli Carlo Buonauro) ha infatti accolto il ricorso presentato dell’associazione temporanea di imprese composta da “La Cascina Global Service” e “Ristora Food & Service” contro il Comune di Pozzuoli e l’ATI “Gfi Food-Glm Ristorazione-Mediterranea Sud Ristorazione” per l’assegnazione, a quest’ultimo raggruppamento di imprese, dell’appalto, fino al 2022, per la refezione nelle scuole materne della città, con possibilità di effettuare anche il servizio, alle stesse condizioni contrattuali, nelle scuole elementari che ne facessero richiesta.

Un appalto vinto da  Gfi Food- Glm Ristorazione-Mediterranea Sud Ristorazione con un ribasso del 33,8% rispetto alla base d’asta di 1.965.600 euro stabilita dal Comune.

L’azienda si è impegnata infatti a fornire i 375.480 pasti a pagamento richiesti dal Municipio ad un prezzo di 3 euro e 46 centesimi ciascuno, ossia 1 euro e 77 centesimi in meno del prezzo pieno di 5,23 proposto dall’Ente.

Un ribasso che le due consorziate concorrenti (seconde classificate con un prezzo di 5 euro e 10 centesimi a pasto) avevano già contestato come “anomalo” rilevando il “basso costo della manodopera” dichiarato dai vincitori e ottenendo dalla stessa sesta sezione del Tar, con la sentenza 1406 del 5 marzo scorso, l’annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto (clicca qui per leggere la sentenza del 5 marzo).

Sentenza a cui è seguita, da parte del Comune, un’istruttoria, conclusasi con una determina dirigenziale, la 642 del 16 aprile scorso (CLICCA QUI PER LEGGERLA) con cui si stabiliva la prosecuzione dell’appalto a beneficio dei vincitori della gara, ai quali il Municipio ha imposto di rinunciare ad una quota di utile di impresa per compensare l’accertato sottocosto di manodopera.

Una procedura che le due aziende concorrenti hanno contestato ritenendo che l’Amministrazione avesse non solo eluso il verdetto del Tar del 5 marzo ma, addirittura, manipolato illegittimamente l’offerta della ditta vincitrice

Contestazioni che il Tar, nella sentenza del 26 settembre scorso, ha accolto in pieno, censurando pesantemente l’operato del Comune in più passaggi: quando si scrive, ad esempio che “l’’aggiudicazione a favore del RTI GFI Food è apparsa in contrasto con le stesse risultanze istruttorie che avevano condotto a ravvisare importanti deficit di copertura dei costi di manodopera, risultanze che l’amministrazione ha inteso in qualche modo rimediare (d’ufficio), mediante manovre di soccorso compensative affatto marginali, che hanno alterato l’offerta in questione” determinando una “modifica sostanziale dell’offerta originaria

Il  Tar scrive anche che la commissione giudicatrice di gara ha ritenuto di attuare d’ufficio, senza nemmeno interpellare il vincitore dell’appalto, un salvataggio all’interno dell’offerta in questione, nel tentativo di normalizzare un dato che (…) si era confermato patologico in tutta la sua evidenza (grave sottostima del costo della manodopera) stralciando, di sua iniziativa, una rilevantissima quota destinata dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese agli utili d’impresa pari a quasi 18 mila euro, per sopperire ai pesanti deficit sulla voce dei costi del lavoro”, determinando così una grossolana alterazione dell’offerta stessa rispetto ai suoi connotati originari”, in quanto la scelta partecipativa del Raggruppamento Temporaneo di Imprese aggiudicatario -a fronte di un’offerta tecnica impegnativa e di un’offerta economica allettante- era stata univocamente quella di ben salvaguardare un utile appetibile, purtroppo a scapito degli oneri sulla manodopera minimizzati all’estremo (…)

Cosicché, scrive ancora il Tar, “attraverso una iniziativa d’ufficio a dir poco irrituale, con la società ferma sulle sue (ormai disattese) posizioni giustificative, gli organi di gara hanno ritenuto di attingere dagli utili la quota da destinare alla copertura dei gravissimi –ed accertati- deficit di remunerazione della mano d’opera, senza neanche preoccuparsi in concreto delle pericolose ricadute di anomalia sull’offerta economica, così stravolta in ribasso (…).

Secondo il giudice amministrativo, in buona sostanza, questa “manovra correttiva” da parte dell’Amministrazione crea, di fatto, una nuova offerta rispetto a quella originaria, alterando in modo “insanabile” i connotati di quella che ha permesso a Gfi-Glm-Mediterranea Sud di aggiudicarsi l’appalto col ribasso più consistente.

“Un’offerta – si legge ancora nel verdetto –  di fatto modificata d’ufficio, ‘imponendo’ al Raggruppamento  di depauperarsi gli utili per 18 mila euro, per rimediare alle gravi sottostime del costo del lavoro, e senza neanche acquisire dal Raggruppamento stesso una relazione tecnico-economica preordinata a documentare un sufficiente residuo profitto.

“Ma – scrive sempre il Tar – quand’anche l’utile d’impresa fosse risultato ancora integro dopo il taglio di 18 mila euro (…), emergerebbe da ciò una deliberata spericolatezza della formulazione originaria dell’offerta economica, tutta protesa verso sproporzionati profitti societari in danno dei lavoratori”.

In più, ciliegina sulla torta, il Tribunale bacchetta pesantemente la commissione giudicatrice di gara e il dirigente comunale preposto, per non aver mai fatto “nessuna considerazione critica, anche solo deontologica” a proposito di un  “discutibile programma di gestione delle emergenze e delle assenze di personale”, presentato dal raggruppamento di imprese che ha vinto la gara.

Una censura motivata dal Tar col fatto che questo tipo di prestazione lavorativa deve prevedere il ricorso ad operatori rigorosamente specializzati”, cui “deve essere affidato il delicato compito di attendere alla somministrazione di cibi per scuole (con intuibili esigenze di igiene e di perfetto trattamento)”.

Adesso, come ha stabilito il Tar, al Comune toccherà espellere la ditta vincitrice dell’appalto (“per anomalia dell’offerta stessa”) e decidere se affidare il servizio al raggruppamento di imprese secondo classificato (che ha vinto questo ricorso e che propone un costo per pasto superiore di quasi il 50% rispetto all’attuale concessionario) oppure rifare la gara daccapo.

Ovviamente, l’Amministrazione potrà decidere anche di impugnare questa sentenza e rivolgersi al Consiglio di Stato.

Bisogna però prendere una decisione in tempi brevi, anche perché il servizio di refezione è iniziato da appena una settimana e le scuole (ma soprattutto i genitori dei bambini interessati al pasto in classe) devono organizzarsi, cercando di capire come poter gestire un eventuale periodo di sospensione della mensa comunale.

Una riflessione approfondita però va fatta (e deve farla innanzitutto la politica) su tutto ciò che è accaduto dal momento in cui è stato bandito questo appalto.

I nostri articoli degli ultimi 12 mesi relativi alla refezione scolastica nel Comune di Pozzuoli raccontano di un’Amministrazione che, alla ditta vincitrice dell’appalto, ha perdonato di tutto e di più: concedendo un soccorso istruttorio di fronte ad un’offerta già potenzialmente anomala fin dal principio; permettendo di trasportare i pasti (anche in contenitori non conformi) da un centro di cottura situato a 40 chilometri dalla città per il primo anno di appalto e di iniziare il secondo anno di contratto cucinando le pietanze nel centro comunale di cottura a Monterusciello senza nemmeno che fosse completato l’allestimento; facendo sostanzialmente orecchie da mercante a tutte le segnalazioni, da parte degli addetti alla mensa e del loro sindacato di riferimento, sul mancato rispetto del contratto di lavoro  e sulla scarsa sicurezza anche dei mezzi utilizzati per il trasporto dei pasti; non  comunicando ai cittadini che tipo di “inconvenienti tali da non compromettere la sicurezza alimentare”  l’Asl avesse rilevato nel centro di cottura di Marigliano dopo un’ispezione (dagli esiti nefasti) effettuata, sia pure in modo irrituale, in quella struttura, da alcuni genitori di alunni del primo circolo didattico; cosa ancora più grave, non comunicando ai cittadini gli esiti delle verifiche compiute dai carabinieri del Nas all’indomani della scoperta di due scarafaggi nel sugo da servire ai bimbi di due plessi scolastici.

Ora, sappiamo dal Tar, che addirittura il Comune, atti alla mano, ha affidato l’appalto in modo illegittimo per ben due volte alla stessa ditta (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ULTIMA SENTENZA DEL 26 SETTEMBRE).

La domanda nasce spontanea: cosa spinge un Ente pubblico a tutelare in maniera così vigorosa (e in modo così evidente) un privato, a discapito di altre imprese e perfino a dispetto di una sentenza di Tribunale?

Qualcuno dovrà pur darci una risposta prima che possano “fischiare le orecchie” anche alla magistratura ordinaria…

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