Il 30 giugno saranno trascorsi ben sei anni dall’apertura del cantiere: ma nella nuova piscina comunale di Lucrino non si può ancora tornare e chissà quando sarà possibile riprendere le normali attività natatorie. Non bastassero infatti tutti i ritardi e le difficoltà incontrate nell’esecuzione delle opere previste per riqualificare l’impianto (più due gare d’appalto per assegnarne la gestione dopo l’annullamento della prima da parte del Comune perché fu sbagliato il bando…) come una tegola pesantissima è arrivata, il 21 febbraio scorso, una nota della Prefettura che annuncia l’esistenza di un’interdizione antimafia per una delle due ditte appartenenti al consorzio di imprese che si occupa dell’opera. Risultato: il Municipio ha rescisso il contratto di appalto con il consorzio concessionario e adesso bisognerà vedere cosa accadrà, visto che i lavori ufficialmente risultano conclusi ma la struttura non è stata ancora collaudata e non è stata nemmeno sottoscritta la contabilità finale con l’impresa.
Nelle “stanze dei bottoni” dell’Ente hanno un diavolo per capello. Dicono che la legge è sbagliata nel non precludere a ditte in “odore” di malavita la stessa partecipazione ad appalti pubblici, consentendo a chi ha problemi del genere di aggiudicarsi un lavoro pagato dalla collettività e cominciare a lavorare finchè i nodi non arrivano inevitabilmente al pettine con l’esibizione del certificato antimafia.
Ma al Municipio hanno anche un’altra paura: che la stessa gara per la gestione della piscina possa subire un annullamento per i medesimi motivi a causa di un rapporto di stretta parentela che esisterebbe tra chi se n’è aggiudicato la futura concessione e chi ha invece ricevuto lo stop dopo aver eseguito i lavori di riqualificazione dell’immobile.
Insomma, se non siamo di fronte ad una maledizione, ci manca davvero poco.
I lavori nella piscina di Lucrino (costati quasi 1 milione e mezzo di euro) erano cominciati il 30 giugno 2008 dopo che l’appalto era stato vinto dall’associazione temporanea di imprese tra “Sambataro Costruzioni” ed “Edil Sud 75”, diventata poi una società consortile a responsabilità limitata, la “Zeus”.
Ad ottobre 2008, il primo guaio: l’informativa antimafia a carico di uno dei due componenti la società, ossia la “Sambataro Costruzioni”, ritenuta “in pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata”,
I lavori vengono sospesi, il contratto rescisso l’11 dicembre 2008 (in seguito a quanto stabilito dal cosiddetto Protocollo di Legalità in casi del genere) e a marzo del 2009, la “Zeus” comunica che ha mandato via la ditta “sospetta” (la “Sambataro”) e al suo posto ha fatto subentrare, come capogruppo del consorzio la cooperativa “Fradel Costruzioni”. Successivamente, la stessa “Zeus” presenta al Tar Campania, vincendolo con una sentenza del 1°luglio 2009, un ricorso contro la rescissione del contratto da parte del Comune per via dell’informativa antimafia a carico della “Sambataro”.
La “Zeus”, dunque, dal 10 settembre 2009, può riprendere i lavori, sia pure con un altro partner, stipulando il 10 dicembre 2010 un nuovo contratto con il Comune.
Ma, esattamente un mese fa, il 21 febbraio, la Prefettura partenopea fa sapere al Comune di Pozzuoli che anche la “Fradel Costruzioni” (ossia il nuovo socio della “Edil Sud 75” all’interno del consorzio “Zeus”, consorzio che ha sede a Quarto in via Serao 11 ed ha come amministratore unico e legale rappresentante Andrea Del Prete) ha sul groppone un’interdizione antimafia.
Il Municipio, dunque, sempre in base al Protocollo di Legalità, rescinde automaticamente entrambi i contratti di appalto con la “Zeus” (sia quello riabilitato dal Tar il 1°luglio 2009 che il successivo del dicembre 2010), applica all’impresa concessionaria una penale del 10% del valore del contratto e, col fermo dei lavori ed il mancato collaudo, addio piscina di Lucrino a tempo indeterminato!.
Una vicenda davvero paradossale che potrebbe avere sviluppi ancora più clamorosi nei prossimi giorni.
Che la “Zeus” sia quanto meno sfortunata nello scegliersi i “compagni di viaggio” (due su due colpiti da interdittiva antimafia!) è un dato di fatto.
Ma ciò che più desta irritazione nell’opinione pubblica sono i quasi 3 miliardi di vecchie lire spesi per la piscina di Lucrino senza che in circa sei anni sia stato registrato un solo beneficio per la collettività.
Col rischio più che concreto di dover aspettare chissà quanto tempo ancora affinchè questo impianto torni a vivere e a produrre incassi che almeno possano assorbire l’enorme investimento effettuato dal Comune con i soldi di tutti noi. Neonati compresi, ogni puteolano è come se avesse investito circa 18 euro per rimettere a nuovo quell’impianto.
Stiamo parlando di oltre 52 euro per ogni famiglia.
Con i tempi che corrono, una cifra a cui davvero in pochi potrebbero rinunciare a cuor leggero.
Per avere in cambio, finora, non solo un bel niente, ma tanti problemi.