Sette assessori da nominare e sei liste da accontentare.
Non è certo una passeggiata di salute il lavoro che sta compiendo il sindaco Figliolia per comporre la nuova Giunta.
Archiviati ormai i risultati ufficiali del voto, il tempo stringe per presentare la squadra di governo.

Scade infatti il 1°agosto il termine per tenere la prima seduta del nuovo consiglio comunale: e, sicuramente, il rieletto Capo dell’Amministrazione non vorrà accollarsi la brutta figura di presentarsi alla città, davanti al civico consesso, senza un Esecutivo che lo supporti.
Ad oggi però non si è tenuta ancora nessuna riunione ufficiale di coalizione per discutere di nomi e di deleghe, ma le trattative tra Figliolia e gli alleati sono da tempo iniziate e dal Palazzo iniziano a filtrare numerose indiscrezioni.
La prima riguarda il metodo scelto dal Sindaco per assegnare le poltrone.

Un sistema “inclusivo” che porterebbe ogni lista in suo sostegno ad avere un assessorato, più uno scelto direttamente da Figliolia in rappresentanza della sua lista civica.
Sul nome dell’assessore indicato da Figliolia, non sembrano esserci dubbi: a meno di clamorose novità sarà infatti riconfermato Roberto Gerundo, di cui il primo cittadino si fida ciecamente, specie per la gestione di deleghe assai complicate come l’urbanistica ed il patrimonio comunale.
L’assessore in quota Pd invece rischia di diventare un problema.

I primi due consiglieri eletti (Gigi Manzoni e Mimmo Pennacchio) rivendicano infatti entrambi una “visibilità” in Giunta.
Manzoni (la cui corrente, sostenitrice di Andrea Orlando alle primarie per la segreteria nazionale del Pd, esprime anche i consiglieri Maria Rosaria Testa e Salvatore Caiazzo) aspira personalmente alla presidenza del consiglio comunale e ad indicare un assessore di fiducia.

Pennacchio invece vorrebbe ricoprire lui stesso la carica di assessore, non solo per il desiderio di fare una nuova esperienza istituzionale ma probabilmente anche perché, in questo modo, dovendosi egli dimettere da consigliere per incompatibilità tra le due cariche, farebbe automaticamente scattare il seggio alla prima dei non eletti, Anna Paparone (esclusa dall’assise per soli 13 preferenze), quota rosa dell’area di riferimento del consigliere regionale Lello Topo.
Figliolia, guerre interne non ne vuole.
Sa bene che già da adesso nel Pd si sta preparando la sua “successione” in quanto, per legge, egli non potrà ricandidarsi a sindaco per la terza volta consecutiva e dunque le fibrillazioni se le aspetta.
Ma sa anche che, se vuole davvero tentare la scalata al Consiglio Regionale fra tre anni (si vocifera da tempo di accordi già presi in tal senso tra lui ed il consigliere regionale Mario Casillo, capo corrente del consigliere comunale Vincenzo Daniele e destinato ad una carriera parlamentare) deve farsi il minor numero possibile di nemici da qui al 2020.
E, probabilmente, Figliolia, tra Manzoni e Pennacchio, preferisce accontentare Gigi, che rispetto a Mimmo, non ha sponsor in Regione ma con tre consiglieri e il controllo di molte tessere nel partito locale potrebbe scatenargli la guerra a Pozzuoli nei momenti decisivi (già a partire dai congressi e dall’elezione del futuro segretario cittadino e del relativo direttivo) ed è dunque, attualmente, ritenuto, dal Sindaco, più “pericoloso” dell’altro contendente.
A Pennacchio dunque verrà presumibilmente proposto il ruolo di capogruppo consiliare del Pd proprio al posto di Manzoni (ma il buon Mimmo accetterà?) mentre l’orientamento di Figliolia sarebbe quello di dire sì alla presidenza consiliare per Manzoni.
Tra i “manzoniani”, tuttavia, è in corso una discussione interna sull’opportunità di assumere una funzione da “arbitro” del consiglio comunale invece di un ruolo più “operativo”: se infatti l’ex delfino di Figliolia vuole davvero candidarsi a Sindaco al prossimo “giro”, la carica di presidente del consiglio comunale (figura istituzionalmente al di sopra delle parti) rischierebbe sostanzialmente di imbavagliarlo e farlo rimanere fuori dalla battaglia politica.
E, si sa, che tutto ciò comporta la pressoché matematica certezza di perdere consensi, così com’è capitato al presidente consiliare uscente Enrico Russo, addirittura nemmeno rieletto.

Sull’assessore in quota Pd, invece, Figliolia, per “pagare” politicamente Manzoni, pare voglia spendere la “banconota” Paolo Ismeno, riconfermandolo come delegato al bilancio e alle finanze.
Ismeno è infatti un “orlandiano” come il capogruppo uscente Pd ma è allo stesso tempo anche un “pupillo” di Figliolia (che lo scelse al posto di Teresa Stellato nel rimpasto di Giunta del 9 dicembre 2015).
Anche su questo tema i “manzoniani” sono perplessi: accettare Ismeno come soluzione di compromesso oppure puntare su un assessore che sia di loro diretta indicazione, dichiarando dunque guerra al Sindaco?

Figliolia ha dunque le sue belle gatte da pelare per trovare la “quadra” nel Pd senza creare troppi “maldipancia”.
Paradossalmente, ad oggi, è più il suo partito a dargli problemi che gli altri componenti la coalizione.
Agli alleati, il Sindaco ha chiesto una rosa di nomi tra cui poter scegliere.
E almeno due assessori donna, per rispettare la legge Del Rio (56/2014) che al comma 137 prevede che, se non ci sono adeguate motivazioni per agire diversamente, “nelle giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3mila abitanti nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%”.
Una quota che, su sette assessori, come nel caso di Pozzuoli, dovrebbe prevederne almeno 3 di sesso femminile.

Ad accontentare Figliolia in tal senso potrebbero essere le civiche di Filippo Monaco (Uniti per Pozzuoli), di Michele Luongo (Idea Pozzuoli) ed i Verdi, ai quali, come secondo partito della città, dovrebbe spettare la carica da vicesindaco.
Un ruolo che, stando ai “si dice”, Figliolia vorrebbe non fosse ricoperto né da Paolo Tozzi né da Lydia De Simone.
Obiettivo: non far scattare il seggio per Vittorio Festa, con il quale pare che il Sindaco abbia vecchie ruggini mai chiarite dai tempi in cui Festa abbandonò la Margherita.

Campania Libera invece potrebbe chiedere l’ingresso in Giunta di uno dei due eletti (Tito Fenocchio o Mario Massimiliano Cutolo) per consentire il ripescaggio dell’ex presidente consiliare Enrico Russo, rappacificatosi con entrambi i colleghi di partito dopo una campagna elettorale caratterizzata da molte frizioni interne.

Infine, la lista dei Maione. Democrazia e Libertà, secondo alcune voci, gradirebbe come assessore il secondo consigliere eletto, l’ex consigliere provinciale Tommaso Scotto di Minico.
Un’operazione che inizialmente porterebbe in consiglio il fedelissimo Vittorio Gloria come primo dei non eletti e che, se Gloria fosse riconfermato alla presidenza della commissione per il paesaggio, farebbe scattare automaticamente il seggio per Antonella Capparelli, moglie dell’ex consigliere Pd e sindacalista “Angelotto” D’Isanto, recentemente entrato nelle grazie della potentissima famiglia di imprenditori puteolani.
Nei prossimi giorni sapremo se queste indiscrezioni sono soltanto passeggere o diventeranno realtà.
E, soprattutto, se Urbanistica e Bilancio sono già “blindate”, sapremo a chi saranno state assegnate le restanti deleghe più ambite, tra cui il Personale, le Politiche Sociali e le tre che il Sindaco ha tenuto per sé o in tutta la scorsa consiliatura (Polizia Municipale) o nell’ultimo scorcio dopo le dimissioni di Mario Marrandino e Carlo Morra, ossia Lavori Pubblici e Commercio.
Non resta che aspettare.