Per la sesta estate consecutiva non riuscirà ad ottenere la concessione di suolo che gli consentirebbe di guadagnare a sufficienza per mantenere in piedi la propria attività.
Un handicap commerciale fatale per chi, come il 38enne Mario Pizza, vive di ristorazione e in questo lavoro ha investito tutto il patrimonio di famiglia.
La sua storia ha davvero dell’incredibile.
Ipotecando la casa del papà, con 120mila euro, Mario rileva l’Antico Molo di via Matteotti.
E’ il 2004, il locale va a gonfie vele, la clientela è numerosa e affezionata, i banchetti e le cerimonie non si contano (“anche tre ogni domenica”), soprattutto grazie all’autorizzazione per occupare 165 metri quadrati di area demaniale fronte mare, ottenuta nel 2007 (“la prima nella zona che affaccia sulla scogliera e sullo scheletro di Vincenzo a Mare”) che gli consentiva di avere 100 coperti all’aperto e lo ha ripagato ben presto degli ulteriori 80mila euro spesi per strutture in legno e pvc.
Permesso rinnovato fino al 2013.
Poi il buio. In quell’area infatti cominciano i lavori di riqualificazione del PIU Europa.

“E’ l’inizio della fine – racconta Mario – Il cantiere va a rilento, noi non abbiamo più la possibilità di servire i pasti all’esterno della struttura ma anche all’interno diventa un problema con tutta la polvere causata dai lavori. Ci rimbocchiamo le maniche, consideriamo quel sacrificio inevitabile e confidiamo, una volta abbellita l’area, in un futuro migliore, sperando di poter recuperare i tantissimi clienti che ci stavano abbandonando perché logisticamente erano abituati al paradiso, mentre invece, di punto in bianco, potevamo offrire solo l’inferno”.
– E invece?
Invece il peggio doveva ancora arrivare. Finiti i lavori “dietro ai blocchi”, ho chiesto uno spazio minore, l’unico possibile nelle pertinenze del ristorante dopo gli interventi del PIU Europa, ossia una concessione di 50 metri quadri. Me l’hanno negata. E sai perché? Perché quell’area risulta ancora di cantiere. Capite? La zona è fruibile liberamente da tutti, le opere sono concluse da tempo, ma quello è un cantiere occupato ufficialmente dal Comune. Con questa motivazione, la mia richiesta nel 2017 è stata bocciata dalla dirigente Tommaselli, nel 2018 è rimasta addirittura senza risposta e quest’anno non l’ho nemmeno presentata perché al Municipio mi è stato detto che sarebbe stato inutile in quanto la situazione sta ancora così. Bloccata.
– Hai cercato di ottenere spiegazioni dall’Amministrazione?
Sì, ma è stato tutto inutile. L’assessore al demanio Gerundo mi ha riferito che era una questione complessa e che avrebbe affrontato volentieri perché a lui le cose difficili piacciono. Così diceva. Ma oggi, visto che evidentemente non sa più come rispondermi o prendere altro tempo, non legge nemmeno i miei messaggi su whatsapp quando gli chiedo, con educazione e scusandomi per il disturbo, se ci sono novità. Sono stato anche dal Sindaco. Davanti a Figliolia ero con le lacrime agli occhi. Gli ho parlato come si può parlare ad un fratello maggiore. Gli ho spiegato le mie difficoltà, gli ho spiegato che sto cercando di resistere facendo il cuoco, il pizzaiolo e anche il titolare giacché non posso permettermi di pagare il personale se non ho abbastanza clienti perché non posso usufruire di un’occupazione di suolo che voglio ottenere legalmente. Gli ho chiesto aiuto per qualcosa che credo sia un mio diritto, quello ad essere messo nelle condizioni minime per poter lavorare. Così come, giustamente, vengono messi in condizione di poter lavorare i miei colleghi sul porto, sul tempio di Serapide, in piazza della Repubblica, sul lungomare del corso Umberto e in ogni altra zona di Pozzuoli. Mi ha risposto ‘dammi 15 giorni di tempo e cerco di risolvere il problema, ti faccio sapere attraverso il geometra Cardillo’. Era febbraio di quest’anno. Non so quanti 15 giorni sono passati senza che io abbia avuto notizie. Poi, solo per caso incontrai il geometra Cardillo, gli chiesi se si era mosso qualcosa e lui mi rispose che non si era mosso niente.
– Domenica scorsa, però, a sbagliare sei stato tu…
Sì. Ho occupato abusivamente il suolo che avevo chiesto invano. Cinque tavolini e 12 sedie per ospitare dei clienti, gli ennesimi che, altrimenti, avrei perso. Preso dalla disperazione, ho avuto un momento di debolezza e ho pensato che dovevo provare a ribellarmi a quella che considero un’ingiustizia nei miei confronti. Sono arrivati i vigili, hanno sequestrato tutto e messo i sigilli alle suppellettili. Pare che una persona abbia telefonato al Comando segnalando il mio
comportamento. Non è la prima volta che i vigili vengono a controllarmi. Una volta mi multarono per occupazione illegale di suolo demaniale per delle casse d’acqua che avevo appoggiato per terra e stavo scaricando in magazzino. Adesso, però, dopo l’episodio di domenica, dovrò anche affrontare un processo penale. Altre spese. Altre umiliazioni. Ma io sono una brava persona, non ho mai fatto del male a nessuno, lo sto facendo solo a me stesso e alla mia famiglia continuando così.
– Cosa pensi di fare adesso?
Che devo fare? Lo chiedo attraverso il vostro blog. Vorrei che qualcuno mi dicesse io che strada devo seguire, come mi devo comportare, a quale santo mi devo votare per avere il rinnovo di questa benedetta concessione e potermi rimettere in carreggiata con il locale.
– E se ti dicessero che non hai nessuna speranza per ottenere il rinnovo di questo permesso?
Intanto, metterei in vendita il ristorante. Non ho segreti, dico anche la cifra. Mi accontento di 50mila euro, lo scoperto che ho in banca a causa dei mancati incassi provocati dal Comune. Soldi che mi servirebbero per pagare le 6 rate arretrate del mutuo e poter finalmente liberare dall’ipoteca la casa di papà, oltre i fitti che non riesco più a versare al proprietario delle mura del locale. Poi, una volta che avrò la testa libera da questi pensieri, verrà il momento di far valere le mie ragioni nelle sedi istituzionali preposte. Perché 15 anni di onorata attività, 15 anni della mia vita, 15 anni di sacrifici non possono concludersi così ingloriosamente. Io voglio che sia fatta giustizia per tutto quello che ho subìto e sto subendo.