Un incidente che costò la vita ad un noto avvocato napoletano e l’invalidità permanente ad una donna allora appena 14enne.
E’ l’antefatto di una tragedia avvenuta ad ottobre del 1995 e che, purtroppo, a 28 anni di distanza, non vede ancora la sua conclusione giudiziaria.
Per quel tremendo sinistro, avvenuto all’interno del tunnel di collegamento tra Arco Felice e Lucrino, il Tribunale ha condannato anche il consorzio “Copin” (di proprietà della famiglia della senatrice Giulia Cosenza) come corresponsabile della “cattiva progettazione dell’opera”, che, come tutti ricorderanno, presentava una pericolosissima curva in pendenza nel tratto finale in direzione Bacoli, teatro purtroppo di numerosissimi e violenti impatti.
La donna sopravvissuta a quell’incidente, che le ha causato irreversibili menomazioni fisiche e neurologiche, ha ottenuto dalla Corte di Appello di Napoli, con una sentenza del 2010, che il “Copin” le versasse, tra capitale ed interessi maturati nel corso del tempo, un risarcimento danni di oltre 1 milione e 100 mila euro.
Somma che però finora è stata liquidata soltanto parzialmente.
Mancano all’appello infatti circa 260mila euro, soldi che però il “Copin” non si decide a versare.
Tanto è vero che il tutore legale della malcapitata si è dovuto di nuovo rivolgere alla giustizia per chiedere (ed ottenere) un decreto ingiuntivo nei confronti del consorzio.
Da dieci mesi, tuttavia, il “Copin” sembra essersi dissolto nel nulla: per ben quattro volte, fino a ieri, l’ufficiale giudiziario ha bussato alla porta della sede legale di via Celle per poter pignorare oggetti, denaro contante e conti correnti, ma nessuno ha mai aperto.
Lo stesso ufficiale giudiziario tornerà in quei locali con l’ausilio della forza pubblica nella mattinata di martedì prossimo e, se nemmeno stavolta nessuno dei responsabili del consorzio l’aprirà, la porta dell’ufficio sarà sfondata da polizia e carabinieri.
Le domande, direbbe qualcuno, sorgono, a questo punto, spontanee.
Che fine ha fatto il “Copin”?
Si è trasferito altrove senza comunicarlo a chi di dovere?
Non ha più una sede societaria?
Non ha più personale alle proprie dipendenze?
Ha dismesso o sta dismettendo ogni attività sul territorio puteolano nonostante sia beneficiario di vagonate di milioni di euro per i lavori del piano intermodale che ha gestito per decenni in regime di monopolio pressoché assoluto come concessionario del Commissariato di Governo?
E’ sull’orlo del fallimento, con eventuali gravissime ripercussioni proprio sulla realizzazione di questi lavori e sulle aziende dell’indotto?
Sarebbe interessante saperlo.
E sono interrogativi su cui dovrebbero drizzare le antenne un po’ tutti, a cominciare dai nostri amministratori locali, che governano una città in cui l’interlocuzione col “Copin” è, giocoforza, frequente ed a volte assolutamente necessaria.
Come dimostrano le figuracce fatte finora nel “capoluogo” flegreo sia per la questione della valorizzazione dei suoli Watefront sia per i misteriosi ritardi nell’apertura del tunnel di collegamento tra via Campana e via Fasano.