Ricevo e pubblico*
È con estremo dolore e la morte nel cuore che scrivo una lettera.
Vi starete tutti quanti chiedendo chi sono.
Sono una mamma disperata, sono la mamma di Giuliana e Federica, due ragazze affette dalla “sindrome di autismo”.
Andare adesso indietro nel tempo per raccontare come tutto è cominciato mi sembra inutile (…) la vita continua a scorrere ed io, continuo ancora ad accompagnare le mie figlie all’Asl, Inps, ospedali e centro di riabilitazione.
Di sacrifici ne ho fatti e continuerò a farli, per portare avanti in modo dignitoso ma soprattutto funzionale la vita delle mie figlie.
Gli anni passano, le energie si esauriscono, non sono più forte come prima, sto invecchiando.
Nonostante tutto vado avanti come un treno in corsa, senza fare fermate, per cercare con tutte le mie forze d’integrare le mie figlie nella società, per farle crescere come tutti i genitori fanno con i propri figli.
Continuo a vivere in questo ultimo anno con molta angoscia l’incertezza del futuro, e se prima intravedevo la luce in fondo al tunnel, perché avevo trovato un ottimo centro di riabilitazione che, mi aiuta e sostiene in questo mio cammino tortuoso, adesso quella luce non la vedo più.
Il tunnel è franato ed è calato il buio.
Sto parlando del Centro Serapide, con sede a Pozzuoli in via Campana che, con la collaborazione dell’Asl Napoli 2 Nord, ha dato vita al migliore ed unico progetto sperimentale esistente in Campania che, ha raccolto in poco tempo i suoi frutti, un progetto valido in tutta la sua pienezza.
Oltre che a migliorare le autonomie personali delle mie figlie, le ha rese sociali, inserendole nel mondo esterno, dove c’è l’imprevisto ed è tutto più difficile da gestire.
Il pensiero più spaventoso che costantemente continua a logorare il mio cervello, persiste, ed è sempre lo stesso: cosa succederà quando non ci sarò più?
Il peso di questo pensiero, è divenuto tuttavia un po’ più leggero, meno pesante da portare grazie all’avvio di questo progetto.
Mi spiego: ogni giorno accompagno le mie figlie a scuola ed al Centro Serapide, con turni diversi, perché sono diverse, ed hanno terapie diverse studiate a tavolino per loro.
Quindi vado avanti e indietro come un pendolo, prendo una, lascio l’altra e ritorno per riprendere l’altra. Ma ne vale la pena: stiamo lavorando per essere utili, non un peso per la società e per sentirci meno extraterrestri, per essere parte integrante.
Innumerevoli sono i laboratori che sono stati attivati in zona e facili da raggiungere: orto, estetica, pasticceria, pizzaiolo, lavori in libreria, collaborazione alla mensa dei poveri, fare la spesa, realizzare oggetti da portare poi ai mercatini, riciclaggio di materiali, ed ancora con lo sport, bowling, nuoto, pallavolo, pallacanestro, palestra.
Non è una cosa fantastica? È meraviglioso, direi.
Tutto questo è supportato dal lavoro non facile del Centro Serapide, che gestisce in maniera perfetta tutta l’organizzazione del progetto di inclusione sociale, con i nostri terapisti di “sempre” che, ci hanno fatto crescere e ci hanno migliorati.
All’improvviso un salto nel buio.
Le nostre battaglie sono risultate inutili.
Come è possibile tutto questo?
Si dovrebbero creare sicuramente altri centri, ma senza smantellare l’unico esistente e funzionante con esperienza vissuta.
Si dovrebbe rispondere alla domanda sul territorio.
Si dovrebbe rispondere alla domanda di molti genitori di bambini/ragazzi in lista d’attesa.
Si dovrebbero ampliare ed aggiungere altre strutture con questo progetto in tutta la Campania.
Non si dovrebbe creare altra disoccupazione: sì, perché i nostri terapisti “vanno a casa”, questo è il compenso che ricevono dopo un lavoro professionalmente e sentitamente svolto con eccellenza e dedizione.
Non si può creare un “centro unico “per tutti, con terapisti precari, forse alle prime armi, come il sostegno scolastico, dove sappiamo bene quanto sia importante la continuità.
Mio Dio, che confusione!
Ed io, insieme agli altri genitori, dobbiamo fare anche le trasferte?
Perché continuare ad infierire su di noi?
Non è già abbastanza quello che sopportiamo?
Cos’è tutto questo accanimento?
Perché non ci lasciano in pace nel nostro centro con i nostri terapisti?
Perché non prendono gli altri bambini/ragazzi che continuano ad aspettare da anni?
Ed i nostri figli? Come affronteranno tutto questo?
Posto nuovo, personale nuovo che faticherà per conoscerli uno ad uno, nel frattempo si fermerà il loro cammino con questa perdita di tempo inutile e disumana, si sentiranno destabilizzati e non sarà facile per loro adattarsi a questo forte cambiamento.
E le attività? I laboratori? Dove saranno?
Cosa dirò a mia figlia maggiore, (l’altra non parla) quando mi chiederà, perché non farà più i dolci, non farà più il trucco, eccetera?
Cosa dirò a mia figlia quando non vedrà i suoi amici/fratelli di sempre?
Perché io non ce la posso proprio fare.
Hanno deciso di farmi smettere di scalare il mio muro fatto di pietre, dove man mano mi arrampico per sostituirlo con uno di vetro dove scivolo.
Ho già chiesto aiuto, insieme a tutti gli altri genitori di questo gruppo/famiglia , ma evidentemente ci avete sentiti ma non ci avete “ascoltati”.
Resteremo a casa “agli arresti domiciliari”, e faremo tante passeggiate solitarie, e guarderemo il mare, e saremo dei fantasmi e non saremo più un problema per voi abili, perché non avete compreso quanto possa essere bello vivere questi ragazzi “speciali” che con il loro amore puro ci arricchiscono e ci migliorano come persone.
Avete ragione…sono “nostri” e non vostri.
Avete vinto. Vi sentite fieri?
*Giuseppina Monetti