Lei si chiama Erminia Testa e, tra una settimana, lunedì 11 gennaio, compirà 100 anni.
Classe 1916, la signora Erminia (vedova e mamma di un’unica figlia, Melania Manna) risiede a Pozzuoli, nella zona dei Gerolomini, e festeggerà il secolare traguardo con una mega “pizzata” tra amici e parenti in un noto ristorante a pochi passi da casa.
La nostra concittadina vanta un piccolo record: è l’ultima discendente ancora vivente della famiglia che porta il soprannome dei “zoccola prena”.
Dei 19 figli di Francesco Testa e Anna D’Alicandro, Erminia è infatti l’unica ancora in vita.
E ci consente di conoscere la storia del “contronome” familiare che prese origine da un episodio capitato al suo trisnonno, Peppino, proprietario di una salumeria a via Napoli.
“Peppino, che aveva un negozio di generi alimentari, rimettendo in ordine la vetrina sentì delle voci concitate, provenienti dalla strada adiacente, dove una crocchia di donne, urlavano: “‘A zoccola, ‘a zoccola…”. Ma lui non vedeva nessun topo, nè grande, nè piccolo; e mentre pensava fosse un nuovo gioco inventato dalle donne, si toccò la gamba nel punto in cui, avvertiva un leggero solletico. Mentre cercava di grattarsi, avvertì uno strano rigonfiamento. Guardare la sua gamba, alterata da un gonfiore non indifferente, sentire le urla delle donne, e capire che erano rivolte a lui, fu tutt’uno; il topo gli si era intrufolato nei pantaloni! Da quel momento si scatenò una sarabanda, che non aveva nulla da invidiare ad una delle migliori comiche di Ridolini: infatti, don Peppino, scappava e saltellava, nel vano tentativo di liberarsi dell’insolito passeggero. Ma dopo pochi minuti, si vide costretto a riflettere su di una strategia che gli consentisse di liberarsi dal topo, il quale, invece di scappare dal luogo dove si era rifugiato, spaventato dall’insolito sballottamento, tentava di conquistare postazioni più interne e stabili. A quel punto, con un riconquistato sangue freddo, don Peppino prese uno spago e se lo passò attorno alla coscia legandolo ben stretto, impedendo in tal modo, una pericolosa risalita del topo, e poi con salti e scossoni vari, fece in modo di farlo uscire dal suo rifugio. I presenti, in maggioranza donne, continuavano ad urlare, forse convinti che le loro grida, frammiste alle sonore risate, potessero in qualche modo giovare al prode don Peppino, il quale, con un tempismo perfetto, ormai consapevole di essere in quel momento, protagonista assoluto di quella insolita farsa, riuscì ad incastrare tra lui ed il muro, ‘a zoccola. Come colto da un raptus, cominciò ad assestare al roditore, con l’aiuto della classica scopa, colpi all’impazzata; il suo obiettivo era quello di rendere inoffensiva la bestiola che, invece, sembrava animata dai sette spiriti, infatti si riprendeva egregiamente, ogni volta che don Peppino pensava di averla resa inoffensiva. Consapevole di essere al centro dell’attenzione generale, il nostro uomo si rese conto che non poteva lasciare in vita quell’essere immondo, responsabile, tra le altre cose, del fatto che la gente ridesse di lui. Quindi, senza pietà alcuna, cominciò a colpire fino ad ucciderla ma, nel preciso momento in cui riuscì a colpirla in pieno, si verificò un episodio a dir poco impensabile: dal corpo ormai definitivamente immobile della “zoccola”, cominciarono ad uscire tanti piccoli topini e, tutti i presenti, cominciarono ad urlare di nuovo, come se fossero testimoni di un miracolo: – ‘A zoccola prena…, ‘a zoccola prena…! –
Don Peppino fu il primo a meravigliarsi di questo fatto e non sapeva neanche lui, se continuare la lotta ed uccidere i piccoli roditori, o lasciarsi intenerire dalla loro nascita; sta di fatto che l’epilogo è vario, alcuni asseriscono che don Peppino distrusse tutta la stirpe, altri affermano che ai topini fu concessa la libertà di rifugiarsi in una “saettella” che stava lì vicino. Questo episodio, fu narrato dalle donne per diversi giorni, anche perché ci furono numerose giocate al bancolotto e, molte persone assicurano che le vincite furono parecchie. Sta di fatto che, dal quel momento a Pozzuoli, non appena passava don Peppino, si udiva alle sue spalle un mormorio: zoccola prena, zoccola prena… Fu così quindi che nacque il contronome con il quale si identificano ancor oggi, tutti i suoi discendenti”.
Esaudita questa divertente curiosità, alla signora Erminia abbiamo però anche chiesto qual è il segreto della sua longevità.
E lei ci ha risposto così: “Sono arrivata a 100 anni seguendo il proverbio “cuofano saglie e cuofano scenne”, cioè evitando di farmi condizionare, positivamente o negativamente, da qualsiasi cosa mi sia accaduta nella vita. La mia forza è piangere una volta al giorno per allontanare i dolori ed esorcizzare i dispiaceri. Morirò quando non piangerò più perché vorrà dire che sarò felice e non avrò più nulla da chiedere alla vita terrena”.
Cento di questi giorni, nonna Erminia!