Non si placa la polemica sul lavoro nero e sulla provocatoria iniziativa del laboratorio politico “Iskra”, che durante la notte precedente il 1°maggio, ha recintato una parte di lungomare puteolano con cartelli in cui si denunciava questa piaga.
Alla lettera di un addetto alla ristorazione di via Napoli (che disapprovava questa forma di protesta sostenendo che alla fin fine colpisce gli anelli più deboli del sistema) hanno infatti risposto un noto ristoratore di Pozzuoli e gli stessi attivisti di “Iskra”.
Il ristoratore arrabbiato è Giuseppe Bruno (nella foto), meglio conosciuto come Bobò. Il perché ce lo spiega lui stesso: “Alle mie dipendenze, nei due locali di cui sono proprietario, ho 20 persone regolarmente inquadrate – ci dice – Assumere un lavoratore, significa farlo stare tranquillo garantendogli tutti i suoi diritti ma anche aumentare il livello di professionalità del proprio personale. Ci vogliono controlli sempre più severi nei confronti di chi non solo non rispetta la legge ma pratica anche concorrenza sleale nei confronti dei colleghi. Perché è chiaro che, se io faccio lavorare in nero ho minori spese di gestione di un’attività e dunque posso praticare prezzi molto più bassi alla clientela. Tutto questo a danno di chi come me, che anche quando calano gli incassi e con tutti i problemi causati dalla mia decisione di denunciare la camorra, paga puntualmente gli stipendi e versa i contributi. Per quanto mi riguarda, i ristoratori che utilizzano il lavoro nero non sono capaci di fare questo mestiere e dunque devono chiudere i battenti”.
Questa, invece, la replica di “Iskra” a chi vede il lavoro nero come male minore rispetto alle norme fiscali vigenti.
“Crediamo che sia fondamentale che di questi temi, spesso nascosti da veli di omertà, si inizia a parlare sul nostro territorio, e questo non è che positivo. Innanzitutto una premessa: gran parte delle persone protagoniste e sostenitrici dell’azione del 1 Maggio, sono lavoratori e lavoratrici (ex o attuali) dei locali della ristorazione, del turismo e della movida del territorio flegreo. Quindi non solo dei locali di via Napoli/corso Umberto, ma di tanti altri della zona. Abbiamo scelto questa per la nostra azione non perché gli unici “colpevoli” di quanto contestiamo si trovano a via Napoli, ma perché, per il messaggio che volevamo mandare, è una zona simbolica vista l’alta concentrazione di questo tipo di attività. Oltre ad essere lavoratori e lavoratrici del settore, siamo attivisti che lottano tutti i giorni, e da pochi mesi abbiamo aperto, a Bagnoli, uno sportello di assistenza gratuita contro il lavoro nero e lo sfruttamento. Per rispondere al primo e per noi più interessante spunto inviato dal lettore, relativo a se qualcuno si fosse avvicinato a noi dopo la nostra azione, rispondiamo che nell’arco di
meno di 3 mesi di apertura, abbiamo assistito decine di persone (11 cause vinte e altrettante in corso) e raccolto, grazie all’azione e alla pressione sindacale, più di 20.000 euro, in particolare tra liquidazioni non versate, differenze retributive e mensilità arretrate. Questo a testimonianza che moltissime persone vogliono muoversi e far valere i propri diritti, che gli illeciti ci sono, ma che è mancato in questi anni quel sostegno sindacale e sociale che proviamo ora a offrire noi. È sicuramente importante che all’indomani dell’azione siano uscite storie di persone che hanno paghe dignitose e di imprenditori che pagano a contratto i propri dipendenti. A noi, in privato, ne arrivano altrettante (se non di più) di situazioni di totale illegalità e ricatto. Il ricatto del
licenziamento impedisce, per loro, di poter raccontare a cuor leggero le proprie storie. Crediamo inoltre che se anche siamo stati abituati, come generazione e come territorio, ad accettare spesso e volentieri anche paghe di 600-800 euro al mese, perché tutto sommato con quelle “si tira a campare”, bisogna che tutti prendiamo coscienza che questo non si avvicina neanche lontanamente a quanto ci spetta. Quanto ci spetta è quello che viene regolamentato per legge! Le paghe orarie base dovrebbero aggirarsi intorno ai 7,80 euro l’ora, per i livelli e le mansioni più basse, e al netto degli straordinari maggiorati che dovrebbero essere versati per chi lavora fino alle 2 o 3 di notte. È rarissimo trovare casi in cui tutto questo viene rispettato. Rivendicare i nostri diritti non
vuol dire far chiudere le attività. I titolari di questi locali, per esperienza diretta dei tantissimi di noi che lavorano in quest’ambito, arrivano a fatturare mensilmente decine di migliaia di euro. Nessuno di questi si fa i conti in tasca per comprarsi un pacchetto di sigarette o fare benzina per andare a lavoro, noi li abbiamo sempre visti arrivare in belle macchine e con tutti i confort. In caso contrario, forse avrebbero fatto ben altro nella vita. Questo per dire che, senza entrare nello specifico dei conti, il motivo per cui questi signori non pagano dignitosamente i propri dipendenti è perché vogliono guadagnare sempre di più, e decisamente di più di quanto spetta ai loro dipendenti, nonostante questi sono i primi a sudare tutti i giorni sul lavoro la propria paga. Anche noi vogliamo cambiare il sistema. Vogliamo cambiarlo però a partire dalla difesa dei più ricattati e ricattabili del settore, per quelli che ogni giorno scendono a lavorare senza ottenere quanto
gli spetta. Se gli imprenditori onesti e rispettosi delle regole e di quanto previsto dalla contrattazione nazionale vogliono affiancarsi a questo percorso, ben venga! Sappiamo bene come la burocrazia, l’alta tassazione, e tanto altro, è un nodo alla gola per tante attività. Questo però non può essere pagato con il sacrificio dei dipendenti. Qualcuno al nostro fianco ci sarebbe sicuro da subito, qualcun altro si affiancherà sacrificando parte del proprio profitto. Chi non vorrà farlo per mantenere i propri privilegi, è per noi un nemico!”.