a cura dell’avvocato Maria Grazia Siciliano
Da un punto di vista legale, il termine potestà genitoriale afferisce ed allude ai poteri attribuiti ai genitori per la cura e la tutela degli interessi dei figli. Interessi di ogni tipo, non solo economico e patrimoniale, ma anche e soprattutto morale, educativo, psicologico ed emotivo; tant’è vero che sarebbe corretto definire tali poteri come delle responsabilità, quindi come oneri e doveri nei confronti esclusivi dei figli.
Più che parlare di potestà, si dovrebbe parlare di Doveri Genitoriali.
Il nostro ordinamento pone al centro di ogni interesse la Famiglia, ed al suo interno, i bisogni del minore, il quale oggi non è più visto soltanto come un soggetto bisognoso di cure, ma anche come Persona.
Persona attivamente in grado di manifestare le proprie esigenze ed opinioni personali.
Quindi, come non mai, in caso di separazione tra i genitori e nei casi in cui si affrontino giudizi sulla potestà genitoriale, il minore (soprattutto dopo i 12 anni compiuti) viene (e deve essere) interpellato dal Giudice. Ed il Giudice difficilmente non terrà conto dei pareri, delle scelte e delle motivazioni espresse dal minore, a meno che non ci siano delle valide argomentazioni, quali l’immaturità del ragazzo, il condizionamento spinto da parte di qualche adulto, o altre circostanze distinte da caso a caso.
Per la legge italiana, la Famiglia d’origine ha sempre la corsia preferenziale, per cui parlare di perdita della potestà genitoriale significa che sono esistenti o sono sopraggiunte gravissime mancanze da parte dei genitori o di uno solo di essi.
In questo caso, la legge, e quindi il Tribunale ha il dovere di intervenire.
A tal fine, agli articoli 330 e seguenti del Codice Civile, trova il suo fondamento il diritto alla perdita della potestà genitoriale da parte del genitore inadempiente o pericoloso per la crescita, l’educazione, l’istruzione e la vita stessa del minore.
La Corte Costituzionale, con la pronuncia numero 132 del 27 marzo 1992, recita: “La potestà dei genitori nei confronti del bambino è riconosciuta dall’articolo 30, primo e secondo comma, della Costituzione non come loro libertà personale, ma come diritto-dovere che trova nell’interesse del figlio la sua funzione e il suo limite. La Costituzione ha rovesciato le concezioni che assoggettavano i figli ad un potere assoluto ed incontrollato, affermando il diritto del minore ad un pieno sviluppo della sua personalità e collegando funzionalmente a tale interesse i doveri che ineriscono, prima ancora dei diritti, all’esercizio della potestà genitoriale. E’ appunto questo il fondamento costituzionale degli articoli 330 e 333 del Codice Civile, che consentono al giudice –allorquando i genitori, venendo meno ai loro obblighi, pregiudicano beni fondamentali del minore, quali la salute o l’istruzione– di intervenire affinché a tali obblighi si provveda in sostituzione di chi non adempie”.
Pertanto, quando la condotta del genitore abbia cagionato un grave pregiudizio al figlio, si rende necessaria la dichiarazione della decadenza dalla potestà genitoriale.
Tale procedimento di decadenza può essere azionato da uno dei genitori contro l’altro, dai parenti o dal Pubblico Ministero.
Si apre un giudizio nel corso del quale ci sarà un contraddittorio, cioè i genitori potranno essere sentiti separatamente, con la possibilità di controdedurre le dichiarazioni rese da ciascuno, ci saranno interventi da parte di operatori sociali, sanitari e scolastici, testimoni o informatori indicati dalla parte oppure individuati dal Giudice, utili e necessari affinché riferiscano circa il comportamento genitoriale “sotto accusa”.
Al termine di tale processo, il genitore colpevole perderà la patria potestas, ma –tranne nelle ipotesi di ripetuto maltrattamento, abuso sessuale, cronica tossicodipendenza o ancora per un’insanabile malattia mentale– il Tribunale per i Minorenni può consentire al genitore nei cui confronti si chiede il procedimento ablativo della potestà, la possibilità di riscatto della genitorialità.
Con il provvedimento di decadenza, viene accertata l’incapacità del genitore di assumere decisioni nell’interesse del minore. Tale provvedimento non andrà tuttavia ad influire sugli aspetti obbligatori, ovvero il mantenimento della prole, che resterà salvo.
La dichiarazione di decadenza della potestà non comporta tuttavia l’interruzione automatica dei rapporti con il genitore dichiarato decaduto, in quanto, l’accertata incapacità di assumere decisioni a favore del figlio, non esclude l’esistenza di sentimenti di affetto validi e sinceri nei confronti dei figli, che possono rappresentare una valida risorsa in favore della prole.
Il genitore decaduto dovrà pertanto sottostare alle indicazioni del giudice minorile o dell’altro genitore, avendo perduto la libertà delle decisioni e dei tempi di frequentazione del figlio; inoltre, il suo comportamento sarà in ogni caso soggetto a controllo.
In alcuni casi, può essere disposto l’affidamento temporaneo ad un’altra famiglia che si occupi dei bimbi, che viene scelta dal Tribunale per i Minorenni. Contemporaneamente, però, i genitori naturali vengono seguiti affinché superino i problemi ed acquisiscano maturità e competenze per tornare ad occuparsi dei figli. L’affidamento temporaneo viene stabilito tenendo conto del periodo di progetto di recupero fissato per i genitori naturali da parte dei servizi sociali e consultori familiari (in particolare sono in aumento i casi di genitori alcolizzati o tossicodipendenti che vengono allontanati dai figli per seguire progetti educativi di recupero).
Sacro ed importante è il diritto del minore a crescere, ad essere amato, educato ed istruito, nonché mantenuto, dai propri genitori.
Ma, come ogni cosa importante e sacra, questo diritto non è automatico, e quindi, non sempre, viene rispettato tutelato e garantito.
Pertanto, quando questo diritto non solo non è presente ma addirittura è compromesso dal comportamento irresponsabile o doloso da parte di coloro che hanno messo al mondo dei figli senza amore né rispetto, allora ogni azione diventa giusta e necessaria, senza essere compromessa da nessuna nostalgica rappresentazione del progetto “sacro” della Famiglia.