Ricevo e pubblico*
Viviamo quasi la maggioranza delle persone in città o agglomerati urbani in cui ogni singolo nucleo familiare ha il proprio domicilio in un fabbricato in un cui insistono più di un’unità immobiliare (la comproprietà e/o il condomino). Ebbene, è abbastanza frequente che un immobile possa e/o debba essere ristrutturato dal suo proprietario (o comproprietari). Fino a una forma di ristrutturazione leggera (pitturazione) la questione non ha un interesse pubblicistico, ma cosa succede se il proprietario e/o il suo inquilino (su autorizzazione del proprietario) debbano e/o vogliono avvalersi di una ristrutturazione pesante (la cosiddetta manutenzione straordinaria)? Per i non addetti ai lavori, in ogni caso il committente è tenuto a rivolgersi a un tecnico abilitato (ingegnere, architetto o geometra con i limiti del caso) il quale tra i tanti adempimenti è tenuto a predisporre una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) da presentare al Comune di competenza (nel comprensorio territoriale dove è ubicato l’immobile). Il modello SCIA è oramai pacificamente ritenuto un atto pubblico in quanto risulta essere un’attestazione fatta a un pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità (articolo 483 codice penale); questa norma va letta congiuntamente all’articolo 76 del dpr 445/2000 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa). Quando il tecnico abilitato compie il proprio mandato in maniera conforme nulla quaestio. Ma cosa succede se la SCIA contiene dichiarazioni mendaci e/o non assolve ai doveri di legge per la sua corretta “approvazione”?
Prendiamo un caso concreto. Un tecnico abilitato che, avendo ricevuto mandato da un committente, debba procedere a una ristrutturazione pesante (manutenzione straordinaria) all’interno di un condominio per renderlo usufruibile al suo committente (esempio: un’attività commerciale aperta al pubblico che per motivi logistici ha necessità di procedere a una diversa logistica degli spazi interni). Una primissima cosa che deve fare il tecnico è quella di accertarsi e ricevere una delibera del condominio che lo autorizzi ai lavori strutturali e la alleghi alla sua SCIA da presentare al Comune. Questa è la normalità della legge e l’esatta conformità al suo rispetto normativo, ma sappiamo bene che di casi regolari ormai è riduttivo parlarne. Ormai i repertori di giurisprudenza amministrativa, penale e civile sono pieni di queste vicende “patologiche”.
Immaginiamo che il tecnico debba procedere su incarico di un committente che esercita attività di impresa a presentare una SCIA per lavori di ristrutturazione “pesante” di manutenzione straordinaria. Il tecnico, forse, su pressione dello stesso committente (che ha fretta di inaugurare la sua attività), non si premunisce dell’autorizzazione dell’assemblea del condominio (che in casi di lavori strutturali delibera all’unanimità dei consensi-condomini) e dichiara (barrare la casella equivale a una dichiarazione legale) che i lavori da espletarsi non hanno incidenza su parti comuni e quindi non sarebbe necessaria l’autorizzazione condominiale. Facendo questo, ovviamente induce in errore il pubblico funzionario che riceve la pratica, che leggendo il modello SCIA e vedendo che non esistono condomini e/o comproprietari cui va chiesto il consenso (obbligatorio da allegarsi alla SCIA) non procede oltre e concede un assenso tacito all’espletamento della pratica. Ma, come sappiamo, il diavolo ci mette la coda e può succedere quello che non si voleva che succedesse. Siccome i lavori non sono silenziosi e spesso la manovalanza e/o i suoi committenti sono anche irrispettosi (diremmo anche maleducati) è plausibile che qualcuno scopra le falsità e/o omissioni dichiarate in SCIA e denunci il tutto al Comune e alle pubbliche autorità. A questo punto la giurisprudenza penale in primis provvederà a punire il tecnico che ha firmato la SCIA “falsa” contenente dichiarazioni mendaci e sarà giudicato (facile prevederne l’esito stante la giurisprudenza consolidata che si è venuta a formare sull’articolo 483 codice penale) per avere dichiarato il falso in un atto avente fede pubblica. Tra le tante sentenze penali rinvenute sull’argomento ne segnaliamo una (Cassazione Penale 2021/33662) che è scritta in maniera accessibile a tutti (anche ai non addetti ai lavori) che con estrema semplicità delinea la manifesta responsabilità penale del professionista iscritto a un albo professionale (con cui avrà certamente noie disciplinari). E’ già questo è un bel problema, ma cosa accadrà alla SCIA presentata, illegittima sul nascere e che mai avrebbe dovuto essere “approvata” dal Comune di competenza? Sul punto è intervenuta una recente decisione amministrativa del Tar Lombardia – sezione di Brescia nr. 519/2024 (con nota di richiami) che ha sancito la correttezza dell’azione del Comune che aveva annullato la SCIA per palese violazione della normativa ivi richiamata. La sentenza è importante ed è stata segnalata agli operatori della giustizia in quanto è esplicativa ed è illustrativa sul “facere” della vicenda. La SCIA, essendo priva del consenso unanime dei comproprietari (anche i condomini sono comproprietari delle parti strutturali del condominio) è illegittima sul nascere e anche se “concessa”, la stessa (SCIA) va annullata in autotutela.
“2.1. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 comma 1 e 20 comma 1, D.P.R. n. 380 del 2001, l’autorità comunale, a fronte della richiesta di rilascio di un titolo edilizio, ha il potere e il dovere di accertare, nei confronti del richiedente, il possesso del requisito della legittimazione, ossia di un titolo di proprietà o di godimento sul bene oggetto del progetto di trasformazione urbanistica sottopostole; in particolare, è principio consolidato che, allorquando il progetto in parola provenga dal comproprietario di un immobile e sia destinato ad incidere sul diritto degli altri comproprietari, detta autorità, in sede di esame della domanda di permesso di costruire, ha il potere-dovere di acquisire il previo assenso di tutti i contitolari dell’immobile. È stato affermato, al riguardo, che “Il soggetto legittimato alla richiesta del titolo abilitativo deve essere colui che ha la totale disponibilità del bene, non essendo sufficiente la proprietà di una sola sua parte o quota. Il singolo comproprietario, quindi, non può essere legittimato, per l’evidente ragione che diversamente opinando il suo contegno autonomo finirebbe per pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivide la posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento” (Consiglio di Stato sez. II, 21/07/2023, n.7158).”- “2.3. Tali principi sono predicabili, stante l’identità di ratio, non solo per le domande di rilascio del permesso di costruire di cui all’art. 11 D.P.R. n. 380/2001, ma anche in caso di presentazione di s.c.i.a. e c.i.l.a. (T.A.R. Palermo, sez. II, 23/11/2021, n.3236; T.A.R. Napoli, sez. II, 14/03/2018, n.1590; T.A.R. Napoli, sez. II, 07/06/2013, n.3019).”.
Il problema potrebbe nascere se per assurdo non venisse revocata la SCIA dagli organi comunali, in quanto a quel punto, insieme al tecnico di cui sopra, andrebbero a fargli compagnia dinanzi all’autorità giudiziaria anche il funzionario comunale che non ha agito in annullamento in autotutela.
Ma veniamo a un caso estremo. Immaginiamo che il tecnico e il suo committente abbiamo distrutto parti strutturali (non menzionati in SCIA e neppure al Genio Civile) dell’edificio mettendo in serio pericolo l’integrità statica del fabbricato e immaginiamo che quel comprensorio territoriale sia soggetto a sismicità attiva.
In questo caso come potrebbe essere disciplinato un mancato accertamento e/o controllo da parte degli organi preposti ad evitare una tragedia?
La domanda è ovviamente stupida e provocatoria ma a volte è necessaria porgerla alla collettività affinché venga fatta incuriosire.
*avvocato Salvatore Salomè