Ha davvero dell’incredibile ciò che sarebbe accaduto in un condominio di Pozzuoli, dove un affermato avvocato penalista lamenta di essere stato arrestato dai carabinieri all’interno del suo studio legale.
Le accuse a carico del professionista (che racconta di essere stato rimesso in libertà a quattro ore dal fermo e riaccompagnato dagli stessi militari nello stesso luogo da cui era stato prelevato in manette) sarebbero di resistenza a pubblico ufficiale e stalking.
Lo stesso legale però, subito dopo i fatti, ha sporto denuncia-querela (indirizzata al Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Napoli) per abuso in atti di ufficio e calunnia aggravata non solo nei confronti di tutti gli investigatori della Benemerita che “hanno partecipato al mio arresto e alla perquisizione nel mio studio”, ma anche a carico di una coppia di vicini.
Nell’esposto firmato dal penalista si racconta una vicenda dai contorni surreali.
L’avvocato in questione sostiene di essere finito nei guai soltanto per aver lanciato una guantiera di insalata di patate (più alcune uova fresche di giornata…) contro l’uscio di casa di un pediatra, residente sullo stesso pianerottolo.
Il legale scrive infatti di aver avuto uno scatto d’ira nell’aver appreso che il medico in questione, da sempre amico di famiglia, non gli avesse mai riferito dell’esistenza di una denuncia che il convivente dello stesso dottore aveva sporto quattro anni prima contro l’avvocato, accusandolo per il reato di minaccia semplice.
Denuncia originata da un alterco verbale tra i due per futili motivi e di cui l’avvocato aveva avuto notizia (tramite la notifica di un decreto di citazione a giudizio) soltanto quattro giorni prima del “lancio” della pietanza sulla porta dell’abitazione del dirimpettaio.
Dopo aver scaraventato tuberi, albumi e tuorli (ma si vocifera che abbia preso il volo nella stessa direzione anche un’imprecisata quantità di avanzo di ragù domenicale…) sulla porta di ingresso dell’appartamento in cui vive anche il denunciante, l’avvocato, stando al contenuto del suo esposto, ha visto, nel suo studio legale, “irrompere una pattuglia composta da circa 5 o 6 sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri di Pozzuoli”, e fa sapere di essere stato “strattonato violentemente dalla sedia della mia scrivania, mentre mi si domandava io chi fossi e dove avevo riposto il coltello con cui avevo attentato alla vita dei miei dirimpettai” e di aver tentato inutilmente di opporsi ad una perquisizione che egli ritiene sia stata effettuata “in violazione a tutte le norme previste dal codice di procedura penale per le perquisizioni (…) presso gli studi di professionisti nell’esercizio della loro attività professionale, ad iniziativa di polizia giudiziaria”.
I carabinieri, come si legge nel verbale di perquisizione, avevano fondati motivi che l’avvocato, nel suo studio, custodisse armi, munizioni ed esplosivi illegalmente detenuti.
Alla fine, in quei locali, dove il legale è anche residente (insieme con la moglie), i militari hanno sottoposto a sequestro preventivo un coltello (“il primo capitato tra le mani dopo che alla mia consorte, atterrita, era stato ordinato di aprire il cassetto degli utensili in cucina”, precisa il penalista nel suo esposto), coltello con cui, come denuncia l’avvocato, gli stessi carabinieri ritengono che l’avvocato abbia attentato alla vita dei suoi dirimpettai.
Sequestrato il coltello, è scritto ancora nell’esposto dell’avvocato, il carabiniere che esegue la perquisizione “mi invita a seguirlo in caserma. Al mio rifiuto, mi ammanetta, chiama rinforzi, sotto gli occhi anche del mio difensore di fiducia, avvisato della perquisizione e tempestivamente sopraggiunto. Scortato da cinque radiomobili a sirene spiegate, raggiungo la Caserma dei Carabinieri di Pozzuoli, dove vengo immediatamente associato alle camere di sicurezza, per restarvi fino alle 18 e per essere poi riaccompagnato dalla stessa radiomobile al mio studio/abitazione. Il carabiniere che mi notifica il verbale di perquisizione e di sequestro del coltello e mi contesta il reato di resistenza a pubblico ufficiale e l’odioso ed infamante reato di stalking nei confronti dei miei due vicini conviventi, mi congeda con una risata sarcastica e di scherno, dicendomi che posso andare e che non mi arresta perché gli sono simpatico. Così rientro a casa, tra il clamore che i fatti avevano destato presso l’intero vicinato, giacché la gente non sapeva spiegarsi cosa fosse accaduto, visto che un blitz del genere da parte dei carabinieri, nell’immaginario collettivo, poteva apparire finalizzato all’arresto di un pericoloso terrorista: tutto per colpa di quattro patate lesse e tre uova fresche tirate su di un uscio di porta!”.
Fatti di “indicibile gravità”, denuncia l’avvocato, che ora chiede giustizia al Procuratore Capo del Tribunale di Napoli.
In attesa di capire come si evolverà la situazione, una cosa è certa: se questa vicenda avrà un seguito giudiziario, il processo che ne scaturirà sarà davvero imperdibile!