a cura dell’avvocato Maria Grazia Siciliano
La Fine del Mondo tanto attesa non è arrivata! Pertanto la profezia dei Maya, per i quali uno dei “loro grandi cicli” si sarebbe concluso il 21 dicembre 2012, è stata disattesa.
Con l’occasione della profezia, tuttavia, emerge spontanea una domanda: perché l’uomo ha paura della morte?
È una domanda banale, ma che non va tralasciata, perché sottende all’equilibrio di ogni persona, chi più chi meno sensibile al tema della morte, ossia di cosa c’è oltre la vita.
E questo argomento non va taciuto, soprattutto all’interno delle famiglie, dove ci sono i bambini, che ormai ben presto vengono a conoscenza del ciclo della vita, comportando in loro disagi, paure e fobie.
Sicuramente uno dei caratteri spaventosi ed inquietanti della morte è la sua l’ineluttabilità. Dunque la certezza che con essa si pone fine alla possibilità di essere felici, non si potrà soddisfare più alcun desiderio, non si potrà più gioire, amare, sognare.
Per alcuni la paura riguarda la propria morte, mentre per altri il dramma riguarda la morte di una persona cara.
Sin dalla nascita, l’uomo sa che la sua vita ha un tempo.
Su questo, dunque, non esistono incertezze: la vera incognita, fautrice di paure e fobie, pertanto è la destinazione finale e a che punto si è del tempo che è dato di vivere.
Cosa c’è dopo la morte?
È questo che fa paura.
È questo il vero dramma. L’unica incognita.
Forse si ha paura perché consciamente o inconsciamente si è consapevoli che dopo la morte, dopo il trapasso avviene il giudizio.
Per cui dopo che gli occhi si saranno chiusi, mentre non c’è dubbio che il corpo ritorni cenere, lo spirito non si sa dove vada a finire e soprattutto se sopravvive.
I Cristiani sanno che lo spirito torna a Dio che lo ha donato, ed il corpo ritorna polvere.
Per i non credenti, per gli atei, o per i finti cristiani, il problema esiste e permane.
Beati i fedeli, dunque, in quanto per i cristiani, per chi ha fede e crede, la morte non è temuta, non è fonte di angoscia o di timore, essa al contrario preannuncia l’inizio di una nuova vita, della “vera” vita: quella eterna.
Con la morte, si placano i dolori, le paure, le sofferenze, e si aprono le porte del cielo.
Le porte della pace. Dell’amore.
Poiché questi temi sono noti, ed oggi più che mai con le nuove tecnologie è facile incontrarsi o scontrarsi con queste domande, è dovere dei genitori parlare con i loro figli, con i ragazzi, rispondere alle loro domande, ed interrogarli se, invece, dovessero tacere.
Perché la morte, il suo mistero, la sua magia, è parte di tutti noi. E tacere o ignorare non rasserena il bambino, che poi sarà l’adulto che vivrà pieno di angosce e fobie.
A volte si preferisce tacere per sminuire o minimizzare l’argomento, ma non è con il silenzio o il distacco o la superficialità che si curano ed allievano le ferite: perché non sapere, ignorare, è pericoloso. Affrontare, invece, l’argomento, far comprendere che la morte fa parte della vita, indebolisce il timore e la paura che viceversa le stanno dietro.
Ciascuno, poi, ne farà la propria legge o la propria filosofia, ma finché si è bambini, l’onere ed il dovere di non nasconderla ma di conoscerla è a carico della Famiglia. Dei genitori.
Soprattutto per tutelare i propri figli, per preservarli dagli orrori e dalle falsità, dagli inganni, e dalle manipolazioni di terze persone.
Soprattutto dalle sette.
Sembra esagerato, ma mai sottovalutare le conseguenze di un argomento così importante per la vita di ciascun uomo.
Certo, ad ogni età deve corrispondere una verità, quella che lo rasserena e che lo convinca.
La fine del mondo, dunque, non è arrivata, ma la sua rinascita è di certo attesa.