Due partiti protagonisti di un flop clamoroso. Pd e Verdi a Pozzuoli dovrebbero recitare il mea culpa per l’esito infausto delle elezioni Politiche in città.
E’ questo il primo dato che emerge in modo lampante dal voto di domenica scorsa.
Se infatti il Movimento Cinque Stelle si conferma leader nelle preferenze dei puteolani quando, per il rinnovo di Camera e Senato, si è più liberi dal “pressing” asfissiante di candidati, galoppini, amici, parenti e conoscenti di ogni colore (i “grillini”, sfruttando il vento favorevole del “cambiamento” che ha contagiato un terzo degli italiani, addirittura nel “capoluogo” flegreo raddoppiano rispetto a cinque anni fa passando dal 27,1% al 55,2%, ma avevano raddoppiato i consensi anche nel confronto tra le comunali del 2012 e quelle della scorsa estate, quindi l’incremento appare “fisiologico”), nel centrosinistra la partita non è stata proprio giocata.
Anzi, la sensazione netta è che si sia scesi in campo col preciso obiettivo di fare danni alla “ditta”.
O forse di mettere i bastoni tra le ruote al candidato locale (che non era la prima scelta del circolo locale del Pd), la professoressa Maria Carmine Tumiatti.
La quale aveva già capito di essere un pesciolino accerchiato dagli squali e di dover provare a fare tutto da sola per tentare di ribaltare i sondaggi che davano già perdente il Pd nel collegio flegreo, quando, dopo aver battuto la concorrenza interna del “cocco di casa”, il gallerista Alfonso Artiaco, per la corsa ad un seggio a Montecitorio, si era vista addirittura rimproverare, dal segretario cittadino Antonio Tufano, di aver firmato la candidatura a Napoli senza fare prima un “passaggio” col Pd locale.
Nella lettera aperta che ieri ha pubblicato sulla sua pagina Facebook, la Tumiatti, sia pure con la sua proverbiale pacatezza ed eleganza, scrive chiaramente di aver dovuto combattere contro “pregiudizi e cattiverie” e di aver assistito, nel Pd e nella coalizione di centrosinistra di Pozzuoli a “vecchie liturgie politiche”.
E lo scrive evidentemente non a caso, visto che dal partito della sua città, come unico candidato puteolano, si aspettava molto di più dell’utilizzo della sede del circolo come comitato elettorale, molto di più di una convention al “Sofia” con quattro gatti il sabato mattina, molto di più di un solo post su Fb con cui, mezz’ora prima che scattasse il “silenzio-riflessione”, venerdì 2 marzo, il sindaco Figliolia (indiscusso padre-padrone del partito a Pozzuoli) invitasse a votare Pd senza mai nominare la Tumiatti, alla quale, pubblicamente, sul social, nemmeno ha mai fatto gli auguri di buona campagna elettorale.
E forse, si aspettava che lo stesso partito convocasse anche gli alleati di coalizione per valutare la possibilità di fare “squadra” con la Tumiatti (se Idea Pozzuoli ha sostenuto i candidati di Liberi e Uguali, non è dato sapere se e per chi abbiano votato i consiglieri delle liste di Maione e Monaco, i deluchiani di Campania Libera ma soprattutto i tre eletti con la civica a supporto di Figliolia: dei Verdi, invece, diremo tra un po’ perché meritano un capitolo a parte…)
Risultato: Pd ai minimi storici di Pozzuoli. 4.794 voti alla Camera, pari al 12,34%, di un soffio più alta la percentuale al Senato (12,60%).
Un dato impressionante se confrontato a quello raddoppiato (23,61%) di appena nove mesi prima alle Comunali, quando i Democrat a Pozzuoli presero 9.003 preferenze.
Raffronti talmente impietosi da far sospettare che manco i 6.018 elettori dei sette consiglieri Pd in carica abbiano votato per il partito, a meno che qualcuno non dica chiaramente che il 77% dei 1.580 voti complessivi delle due quote rosa Pd in consiglio (Testa e Del Vaglio) siano di “proprietà” dei rispettivi “partner” politici maschili, ipotesi che riteniamo alquanto improbabile.
Ma dove sono andati a finire i 4.209 voti che il Pd di Pozzuoli ha perso per strada negli ultimi nove mesi?
I risultati strabilianti del Movimento Cinque Stelle e il boom di Forza Italia (17,27% contro il 6,24% delle comunali) rappresentano un indizio molto concreto nell’analisi dei flussi elettorali.
Se però andiamo a scavare nei particolari, scopriamo cose che lasciano esterrefatti.
Come l’esito delle urne nella sezione elettorale 69 di Monterusciello, una delle due roccaforti (insieme alla 19, sempre nello stesso quartiere) del consigliere democrat Mimmo Pennacchio (il candidato più gettonato in quel seggio alle ultime comunali, con 120 preferenze, più 102 alla “quota rosa” Paparone: per dirla in poche parole, il 24,3% dei votanti in quella sezione, l’11 giugno scorso seguì sostanzialmente le indicazioni di voto di Pennacchio).
Il 25,3% dei votanti di quel seggio (casualmente quasi la stessa percentuale di “seguaci” di Pennacchio in quel seggio alle ultime comunali) ha messo una croce sul simbolo del partito di Salvini, che in tutti gli altri 68 seggi di Pozzuoli ha raccolto mediamente 17 voti.
E per il Pd, il partito di Pennacchio, cosa è arrivato dalla stessa “69”, al Senato?
La miseria di 45 voti (46 alla Camera).
La domanda sorge spontanea: il buon Mimmo ha mollato il Pd a questo giro “portando” la Lega, si è totalmente disimpegnato per le Politiche o i suoi elettori sono talmente “suoi” che gli concedono il voto solo quando egli è candidato in prima persona?
E nessuno ci venga ad accampare la solita scusa secondo cui “sono elezioni diverse e non si possono comparare perché alle Comunali si vota per la persona e per l’operato amministrativo, mentre alle Politiche si vota per le idee e per il governo nazionale”.
Almeno per il Pd di Pozzuoli, infatti, questa giustificazione non regge.
Basta andare a leggere i dati puteolani delle Comunali di maggio 2012 (10.627 voti pari al 26,17%) e confrontarli con i dati delle Politiche di febbraio 2013 (10.153 voti, pari al 25,93%) oppure delle Comunali 2008 (quando il Pd, pur perdendo contro il centrodestra di Giacobbe, si attestò al 26% con 12.181 voti, mentre fece il boom alle Politiche, anche da sconfitto, con 18.227 voti e il 37,4%)
Dati che confermano, a Pozzuoli, la sostanziale tenuta storica del Pd su una forbice tra il 24 ed il 26% pur nelle avversità.
Dati che suonano come una condanna politica senz’appello per l’attuale classe dirigente del partito.
Non sarà forse imminente “l’avviso di sfratto” che i due rappresentanti consiliari dei Cinque Stelle (Antonio Caso e Mimmo Critelli) nell’entusiasmo post-voto hanno inviato via web a Figliolia, ma è chiaro che il Sindaco, i consiglieri e il segretario cittadino del Pd dovranno spiegarli questi numeri alla città e trarne le conseguenze politiche.
Così come dovranno pur dire qualcosa i Verdi, che hanno combinato un disastro al limite dell’inverosimile.
Volete sapere cosa ha prodotto il secondo partito cittadino alle ultime comunali con 3.057 voti (8.02%), due consiglieri (Tozzi e De Simone) eletti con 1.186 voti complessivi più un vicesindaco (Zabatta) voluto dai vertici nazionali del Sole che Ride?
Questa batteria di fuoco ha “partorito” 78 voti alla Camera e 68 al Senato, che vale lo sconfortante 0,2% nella lista “Italia Europa Insieme” con socialisti e prodiani. Uno squagliamento vero e proprio.
Sapremo mai anche dai protagonisti di quest’apocalisse (elettorale) chi hanno sostenuto o se sono rimasti a casa?