Pensione di reversibilità, l’annuncio gela le vedove | “Bisogna restituire i soldi all’INPS”: si parla di cifre importanti
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Una vedova che vive di pensione di reversibilità si è vista chiedere indietro migliaia di euro: ora molte temono la stessa sorte.
Per chi sopravvive con una pensione di reversibilità, la paura non è solo arrivare a fine mese, ma vedere arrivare una busta dell’INPS con dentro la parola “recupero”.
Un foglio, pochi numeri, e ciò che per anni è stato un piccolo ma essenziale sostegno improvvisamente si trasforma in un debito. Si tratta di soldi già usati per bollette, spesa, affitto: non c’è nessun “tesoretto” da cui attingere, e l’idea di dover restituire tutto gela il sangue a tante vedove.
Dietro queste richieste ci sono regole complicate: soglie di reddito, integrazioni al minimo, controlli che arrivano a distanza di tempo e ricalcoli che pochi riescono davvero a comprendere. Basta un leggero aumento dello stipendio, qualche extra per un secondo lavoretto, un adeguamento contrattuale, e l’istituto stabilisce che negli anni passati è stato versato “troppo”. Il risultato è che a chi già vive con poco viene recapitata una cifra enorme da restituire, tutta insieme, come se quegli importi non fossero serviti a vivere ma fossero rimasti fermi sul conto.
Il caso della prof vedova che si vede chiedere oltre 4mila euro
Come racconta il Resto del Carlino, a Santarcangelo una professoressa di musica, rimasta vedova nel 2005 con un figlio piccolo, percepisce da anni una pensione di reversibilità riconosciuta dopo la morte del marito. All’inizio erano circa 400 euro al mese, poi scesi a poco più di 150 euro: una cifra modesta, ma a cui la donna è legata anche sul piano affettivo, perché la considera ciò che le resta del coniuge scomparso. Ora però l’INPS le chiede indietro complessivamente oltre 4mila euro, trasformando quel sostegno in una nuova fonte di angoscia.
Già a novembre la docente ha dovuto versare circa 2.600 euro per la rimozione dell’integrazione al minimo, in base alle norme sul cumulo dei redditi. Pochi mesi dopo è arrivata un’ulteriore comunicazione: altri 4.465,82 euro richiesti per gli anni 2021 e 2022, perché – secondo l’istituto – il suo reddito sarebbe aumentato oltre le soglie previste. Lei ribadisce di aver sempre dichiarato tutto: lo stipendio da docente, passato da precaria a ruolo, e qualche entrata in più legata alla musica e al violino. Ma i ricalcoli hanno comunque prodotto una cifra che, per chi vive di lavoro e piccola pensione, è semplicemente enorme.

Perché può accadere e cosa devono sapere chi vive di reversibilità
La storia della prof mette in luce quanto il sistema delle pensioni di reversibilità sia fragile per chi ci si appoggia per tirare avanti. Il diritto alla prestazione non scompare, ma l’importo può essere ridotto o ricalcolato quando il reddito di chi la percepisce supera certe soglie: l’INPS toglie integrazioni, rivede quanto versato negli anni precedenti e, se ritiene di aver pagato “troppo”, avvia il recupero degli arretrati. Tutto questo spesso avviene in ritardo, quando i soldi sono già stati spesi per la vita quotidiana, e per le famiglie si trasforma in una vera batosta.
Per chi riceve una pensione di reversibilità, gli esperti invitano a tenere sotto controllo ogni dettaglio: verificare ogni anno i propri redditi, conservare la documentazione e, soprattutto, non ignorare mai le comunicazioni dell’INPS. Alla prima lettera che parla di ricalcoli o recuperi è fondamentale rivolgersi subito a un patronato o a un consulente, per capire se le cifre sono corrette, se è possibile chiedere una rateizzazione o se ci sono i presupposti per contestare il calcolo. Non elimina il rischio di richieste pesanti, ma può evitare che, oltre al dolore per una perdita, le vedove debbano subire anche il colpo di vedersi chiedere indietro, all’improvviso, anni di piccole entrate che sono state l’unico modo per restare a galla.
