a cura di Carlo Pareto (responsabile relazioni esterne Inps Pozzuoli)
Le pensioni del futuro, ormai è chiaro, saranno ben più “leggere” di quelle delle precedenti generazioni, come effetto delle riforma operata dal ministero Fornero e da quelle precedenti. Queste hanno infatti modificato il metodo di calcolo dell’assegno pensionistico passando al contributivo: le pensioni future saranno frutto dei soli contributi versati durante la carriera, senza nulla a che vedere con il reddito percepito nell’ultimo periodo di lavoro. A fare i conti sulle pensioni future degli italiani è stata la Ragioneria Generale dello Stato, con esempi pratici di calcolo in base alla varie Riforme Previdenziali operate in Italia a partire dal 1990 fino al 2011. In generale, emerge una prospettiva di vecchiaia difficile per i lavoratori del nostro Paese, che potrebbero ricevere dall’Inps un assegno non superiore al 60% dell’ultima retribuzione.
Dipendenti aziende private
Un dipendente privato, senza coniuge a carico, che vada in pensione tra i 65 e i 70 anni di età con 38 anni di contributi, nel 2020 riceverà in media un assegno di pensione pari al 69% dell’ultimo stipendio, contro il 74% di dieci anni prima (2010). Le cose peggioreranno con gli anni: nel 2050 lo stesso profilo riceverà dall’Inps un assegno pari al 63% dell’ultimo stipendio. Questo considerando gli importi al lordo delle trattenute fiscali e contributive. Se si passa al netto, ovviamente la situazione cambia: nel 2010 la percentuale era dell’83%, nel 2020 sarà del 78%, nel 2040 del 71%.
Autonomi
Nelle medesime condizioni (38 anni di contributi, età tra i 65 e i 70 anni, senza coniuge a carico), gli autonomi riceveranno nel 2020 un assegno pensionistico pari al 51% della retribuzione attuale, contro il 73% del 2010. Nel 2030 la percentuale scenderà al 47%. Prendendo in considerazione l’importo netto, la percentuale cambia: 94% nel 2010; 75% nel 2020; 68% nel 2030.