domenica, Ottobre 13, 2024
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Pozzuoli sulla ribalta mondiale per la scoperta di una ricercatrice puteolana

(foto di Roger Ressmeyer/CORBIS)

“Science” è la rivista scientifica più prestigiosa al mondo. Questa settimana, la sua prima pagina è dedicata a Pozzuoli e ad una importantissima scoperta fatta da una ricercatrice puteolana, la professoressa Tiziana Vanorio, docente di Geofisica all’Università americana di Stanford.

La scoperta (di cui ha parlato anche il Venerdì di Repubblica del 31 luglio -foto in basso-) riguarda una particolare caratteristica del nostro sottosuolo, che rende unico il fenomeno del bradisismo.

Per capire di cosa si tratta, vi ripropongo il testo completo di un’intervista che Tiziana Vanorio mi ha rilasciato in esclusiva il 15 luglio.

Intervista pubblicata dal quotidiano Le Cronache (edizione di Pozzuoli e area flegrea)

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La pagina del quotidiano “Le Cronache” del 15 luglio con l’intervista alla professoressa Tiziana Vanorio

Tiziana Vanorio è una  puteolana di cui andare orgogliosi. Professore di geofisica alla Stanford University in California, dove dirige il Laboratorio di Fisica delle Rocce, il suo gruppo di ricerca si occupa di caratterizzazione chimico-meccanica di rocce serbatoio dei giacimenti di idrocarburi, dei sistemi geotermali, e degli acquiferi.

Giusto per spiegare il tipo di attività, ecco un esempio: la geofisica si avvale di molte tecniche utilizzate in campo medico, come la TAC, per ottenere delle immagini che ricostruiscono la struttura del sottosuolo.

Ebbene, la fisica delle rocce rappresenta l’analogo della biopsia in campo medico: si estraggono campioni di roccia per analizzarne le proprietà in modo da interpretare le immagini del sottosuolo.

In questo caso si crea una diretta corrispondenza tra le anomalie osservate sulle immagini e le proprietà delle rocce.

Intervistiamo Tiziana Vanorio a proposito di una sua recente ed importantissima ricerca, che ormai ha fatto il giro del mondo dopo la pubblicazione sulla prestigiosa rivista “Science”.

Una ricerca che riguarda direttamente la nostra terra, quella di cui Lei stessa, quando era adolescente, ha vissuto le “spallate” che costrinsero migliaia di cittadini a scappare da Pozzuoli per due anni, tra il 1983 ed il 1985.

Allora, professoressa Vanorio parliamo della sua scoperta: di cosa si tratta?

 (animazione: carlo di bonito)
(animazione: carlo di bonito)

Il mio studio pubblicato su Science deriva dall’analisi delle proprietà delle rocce dei pozzi profondi (fino a 3 chilometri) trivellati nei Campi Flegrei negli anni 1979-1982. La ricerca ha evidenziato la presenza di una roccia simile al calcestruzzo romano che si forma grazie ad un processo del tutto naturale e che funziona come copertura di un sistema geotermico caratterizzato da reazioni chimiche a catena. L’anello ultimo di questa catena è rappresentato dalla reazione tra ceneri pozzolaniche e fluidi ricchi di calce che conferisce a questo strato delle proprietà fisiche-meccaniche abbastanza insolite. Grazie alla formazione di un reticolo minerale fibroso, questo strato di copertura è capace di deformarsi, se sottoposto a sollecitazioni, fornendo un punto di rottura più elevato rispetto a rocce tipiche.

E questa particolarità spiega un aspetto unico del nostro bradisismo, vero?

Questo spiegherebbe perché le deformazioni del suolo ai Campi Flegrei possono raggiungere valori di entità mai osservati in altre caldere (metri invece di qualche decina di centimetri) e la sismicità è ritardata di alcuni mesi. Come in ogni sistema regolato da reazioni chimiche, l’equilibrio è molto precario. Un qualsiasi fluido esterno che entra nel sistema, è, per sua natura, in disequilibrio chimico e, di conseguenza, può riattivare nuovi processi chimici che possono provocare una sovrabbondanza di gas, quali anidride carbonica, vapore e metano. Se questi ultimi non possono fuoriuscire dal sistema rapidamente e con facilità, possono creare sovrappressioni, sollevamenti e quindi, in ultimo micro-terremoti.

Professoressa Vanorio, Lei avrà sicuramente una conoscenza profonda e completa del progetto di trivellazioni geotermiche autorizzato dal Governo nell’area est della Solfatara. Questa sperimentazione ha  già spaccato la comunità scientifica a tutti i livelli: c’è  chi la ritiene pericolosa e chi sostanzialmente innocua.  Lei cosa ne pensa, anche alla luce della sua scoperta e degli equilibri geologici delicatissimi nel sottosuolo flegreo? Qual è, a suo parere, la linea di confine tra ciò che consente la natura e l’esigenza dell’uomo di procurarsi un’indipendenza energetica?

La linea di confine è molto sottile e dipende da una serie di fattori. Tra questi, la sismicità naturale dell’area, l’intensità di urbanizzazione, tipologia e patrimonio edilizio, e non ultimo la copertura assicurativa e responsabilità legale dell’operatore. Come esperta di Fisica delle Rocce applicata alla caratterizzazione di rocce serbatoio, lavoro a stretto contatto con le più importanti società petrolifere mondiali, ed una trivellazione in un’area come quella di Pozzuoli non è una sfida tecnica di poco conto.

Vogliamo spiegare, con parole semplici, cosa può comportare la trivellazione di un pozzo?

La trivellazione di un pozzo è, per sua natura, un’operazione invasiva: l’ingresso di fluidi estranei, sia dovuti alla reiniezione che all’estrazione, altera  l’equilibrio esistente. La letteratura scientifica e le ricerche in quest’ambito sono concordi nell’affermare che la reiniezione di fluidi è responsabile per l’aumento della sismicità (alcuni esempi sono: Oklahoma e Colorado – Stati Uniti, Basilea – Svizzera, Campo geotermale Geysers, California – Stati Uniti). E’ chiaro che l’ingresso di nuovi fluidi può essere anche del tutto naturale. Allo stesso modo, l’estrazione di fluidi dal sottosuolo favorisce il drenaggio da zone limitrofe: nelle zone costiere il pompaggio può determinare, per esempio, l’ingresso di acqua marina. Tutti abbiamo scavato buche da bambini sul bagnasciuga e tutti ricorderemo che, più si scava, più si richiama acqua. Questi fluidi non sono in equilibrio naturale con il sistema, in quanto immessi per cause antropiche. Ora, se questo accade in un’area non densamente abitata, meglio ancora caratterizzata da tipologie costruttive antisismiche e priva di linee sotterranee di gas metano, il rischio calcolato è ovviamente più basso. In questo caso, il prezzo da pagare per un incremento di sismicità è compensato da un aumento dell’indipendenza energetica della comunità. E’ una scelta. Inoltre, un altro aspetto molto importante da considerare è la copertura assicurativa nonché la responsabilità legale dell’operatore. Credo che un po’ tutti abbiamo sentito la frase “…ma in America si fa!” Beh, le condizioni locali al contorno sono molto differenti. Primo, ogni costruzione ha una copertura assicurativa in caso di danni causati da terremoti. Secondo, c’è una responsabilità civile e legale dell’operatore nel caso di danni causati da imprevisti: basti pensare che l’esplosione che ha causato il disastro del pozzo Macondo nel Golfo del Messico è costata agli operatori responsabili del progetto svariati miliardi di dollari in risarcimento.

E, di fronte ad un progetto di trivellazioni dei pozzi nel sottosuolo di Pozzuoli, Lei quali domande si porrebbe?

Una domanda da porsi nel caso di Pozzuoli è: chi pagherebbe gli eventuali danni che un’operazione di trivellazione potrebbe provocare nell’area puteolana? L’operatore, il Ministero responsabile per l’avallo, gli enti preposti al controllo?

In definitiva, possiamo stare tranquilli o dobbiamo allarmarci?

Un progetto di trivellazione quale quello di cui si discute a Pozzuoli, richiede delle competenze scientifiche molto specifiche. La geofisica, come la medicina, è una branca della scienza molto ampia fatta, tra gli altri, di vulcanologi, sismologi, fisici della meccanica delle rocce, geofisici di esplorazione, e geochimici. Un problema al cuore richiede le competenze di un cardiologo, non di un neurochirurgo. Allo stesso modo, la trivellazione di un pozzo richiede le competenze di geofisici di esplorazione e fisici della meccanica delle rocce. Dunque, un’altra serie di domande da porsi nel caso di Pozzuoli è la seguente: ci sono competenze di questo tipo sul territorio? I responsabili del progetto partecipano a convegni internazionali in meccanica delle rocce e geofisica di esplorazione? Ci sono loro articoli di ricerca pubblicati sulle più importanti riviste tecnico-scientifiche di questi settori? Sono riconosciuti come esperti di queste materie a livello internazionale? Se dovessi sottopormi ad un intervento al cuore, queste sono le domande che mi porrei nella scelta del mio cardiologo.

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 (foto nando panico)
(foto nando panico)

Questa l’intervista alla professoressa Vanorio.  Che il 31 luglio, ha inviato al Ministero dell’Ambiente, le sue osservazioni riguardo al progetto per la realizzazione dell’impianto geotermico nelle viscere della Solfatara. Ecco, di seguito, le 11 pagine della sua relazione.

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