Se tutto va bene, un villaggio turistico ma nulla più. E’ questa l’unica destinazione possibile del Rione Terra secondo i risultati dello studio affidato dal Municipio alla società riminese “Trademark”.
Società che, per la “modica” cifra di 19.844 euro (a trattativa privata) ha preparato un documento di 97 pagine in cui spiega a noi “comuni mortali” quali sono le linee guida per lo sviluppo del turismo a Pozzuoli.
Documento che, inizialmente, almeno nel conferimento dell’incarico di consulenza doveva riguardare soltanto le linee-guida per lo sviluppo turistico-commerciale dell’antica rocca.
In quest’analisi, invece, al Rione Terra sono dedicate soltanto 23 pagine, poco meno di un quarto del lavoro complessivo.
Il che fa già intuire, evidentemente, che, almeno a giudizio degli operatori del settore, non può essere l’acropoli in eterna ristrutturazione il baricentro delle aspettative di rilancio dell’economia e dell’occupazione locale.
In anteprima esclusiva, Pozzuoli21 è in grado di anticiparvi cosa ha scritto il consulente dell’Amministrazione a proposito del Rione Terra (il documento è interamente leggibile nella photogallery sottostante).
Innanzitutto, sottolineando che lo stesso Rione Terra “non è un polo commerciale, non è accessibile, è tanto originale e vincolato da non interessare le compagnie di gestione abituate a scegliere prima la logistica, poi la merceologia da esporre e vendere, infine la scenografia da applicare alle merci da presentare. L’arte e la cultura, secondo loro, sono distrazioni, non calamite commerciali. Poi la logistica: non c’è parcheggio, l’area è piccola, difficile da raggiungere, non può contenere contemporaneamente mille persone, non c’è sicurezza sufficiente. Le obiezioni degli intervistati sono relative alle condizioni ‘minime’ di gestione richieste da organizzazioni che normalmente curano la gestione degli ‘outlet’ e delle ‘mall’ commerciali”.
“Abbiamo interpellato –si legge ancora nella relazione- due manager di grandi outlet, mostrando planimetrie, filmati, testimonianze e illustrando la disponibilità di botteghe, negozi, pubblici esercizi, di una cattedrale e di un percorso archeologico da 180mila visitatori all’anno (a regime). In prima istanza, gli interpellati hanno obiettato che le dimensioni del Rione Terra, quel mix urbanistico vincolato dalla Soprintendenza e i vincoli architettonici, sono un fardello insopportabile anche per il gestore di un piccolo centro commerciale (…) La suddivisione del Rione Terra per aree funzionali, delle quali abbiamo riferito la parziale disponibilità, l’apertura integrale e ‘perfetta’ dopo il 2018 (compatibilmente con il flusso finanziario, che sta diventando sempre meno certo), la conseguente prevista attività di cantiere e l’incertezza del finanziamento pubblico per il completamento del restauro, hanno generato dubbi insormontabili in diversi manager interpellati. (…) Abbiamo interpellato anche due (…) general manager di catene alberghiere internazionali. Il Rione Terra –secondo loro- non può essere aperto ‘a rate’, va completato, collaudato, testato e governato 24 ore su 24 da un unico gestore. Ripulito dalle interferenze del cantiere (senso di provvisorietà generata dalla presenza di operai), potrebbe diventare un Resort turistico, un villaggio storico, aperto al pubblico per le visite al percorso archeologico. Non avendo 500 camere e non potendo ospitare 800 turisti –affermano i due advisor- non possiede gli standard di comfort e di sicurezza ‘essenziali’ per i maggiori brand alberghieri (con gli attuali standard non potrebbero ottenere le polizze assicurative, prima condizione per l’esposizione del loro marchio). In sostanza, le peculiarità del Rione Terra sono così caratterizzanti, speciali ed eccezionali, da essere di ostacolo ad autorevolissimi gestori con grandi esperienze in villaggi commerciali, mega outlets e grandi resort”.
Una bocciatura non da poco, perfino rispetto alle previsioni più pessimistiche sulla fruibilità turistico-commerciale del sito.
Ed ecco che, a giudizio del consulente dell’Amministrazione, l’ipotesi più praticabile è la pubblicazione di un bando di gara internazionale “per un’unica locazione del sito, comprendente alberghi, negozi e botteghe da arredare”. Praticamente, un gestore unico di: “marketing, promozione, trasporti, accessi, parco e museo archeologico (compresi costi e ricavi), patti con la Soprintendenza, rapporti di vicinato e condominiali con la Curia, manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio immobiliare disponibile, aspetti fiscali e amministrativi dell’ospitalità alberghiera, della somministrazione di alimenti e bevande, di controllo delle merceologie autorizzate, sicurezza del Rione Terra e dei cantieri”.
Il tutto con “chiari e precisi vincoli per l’assegnatario, con l’indicazione precisa da parte del Comune di tutti gli aggi, i costi ed i vincoli da imporre al gestore unico in merito al canone di locazione annuale, agli orari di apertura e funzionamento, al regolamento condiviso, ai costi dei servizi comunali per l’igiene ambientale, la raccolta dei rifiuti, la segnaletica e la manutenzione, all’addebito mensile dei consumi di acqua, gas, energia elettrica e tariffe concordate per la vigilanza urbana e la pubblicità, al numero degli abbonamenti annuali agevolati per giornalisti e ospiti della municipalità”.
Il tutto, con potere di veto da parte del Comune, potere che si realizzerebbe attraverso una ‘golden share’, ossia un privilegio azionario che supera giuridicamente ogni maggioranza, cioè un diritto di voto decisivo indipendentemente dal numero delle azioni e delle maggioranze nel consiglio di amministrazione della società di gestione.
Un’altra soluzione interessante suggerita dal consulente “Trademark” (soluzione meno praticabile ma che “il mercato apprezzerebbe e premierebbe”) sarebbe infine la “strutturazione del Rione Terra come resort per vacanze esclusive, accessibile ai turisti che vi soggiornano e ad un numero contingentato di turisti, compresi i visitatori del parco archeologico”.
Questo progetto, tuttavia, dovrebbe lasciare: “libero accesso a quote di pubblico dirette (o meno) al percorso archeologico (accesso a pagamento con importo da definire, ma limitato in termini quantitativi ed orari); la sorveglianza artistica e monumentale alla Soprintendenza (partner del progetto); la pubblica accessibilità alle proprietà della Curia per la libertà di culto; (…) un regolamento condiviso che consenta la contemporanea presenza di visitatori, escursionisti e curiosi evitando attriti e interferenze con l’ospitalità esclusiva del Resort; una serie di spazi comuni coperti, collettivi e polivalenti per incontri, simposi, presentazioni, celebrazioni, cene di gala etc; un’area di benessere e acquaticità animata e assistita dalla direzione del Resort per soli clienti alloggiati; la presenza ‘a regime’ (…) di circa 200 camere e suites con i relativi servizi di ristorazione e animazione, essenziali per garantire l’effetto Resort. (…)
Nella sua relazione, il consulente dell’Amministrazione ha sottolineato di aver tentato un approccio, per rendere realizzabile questa terza ipotesi, con fondi immobiliari e due tra le maggiori catene alberghiere mondiali.
Il risultato di questo sondaggio non è stato granchè incoraggiante.
“Nessuno dei responsabili interpellati intende assumersi il rischio di impresa senza un corrispondente e congruo profitto di impresa”, scrive la “Trademark” a pagina 55 del suo elaborato.
Tre le obiezioni ricevute: “la dimensione e la struttura del Resort non consentirebbero di realizzare un sistema di standard di accoglienza, arredo, alloggio e food&beverage, irrinunciabili per il profilo planetario della catena: e la logistica illustrata, insieme alla distribuzione dei posti letto, penalizzerebbero il management; la presenza della Sovrintendenza, proteggendo il sito archeologico, negherebbe al gestore il dispiegarsi delle azioni di marketing e animazione che il turismo internazionale esige; nessuna golden share o diritto di veto per l’investitore: per partecipare alla gestione, investire in equipaggiamenti, esporre il brand, assumersi le responsabilità necessarie per far funzionale in sicurezza il Resort, è necessario che l’authority manageriale dell’intero Rione Terra (percorso archeologico compreso) sia delegata ad una persona scelta dall’investitore per l’intera durata del contratto”.
In conclusione, per il consulente dell’Amministrazione, “il Rione Terra ha bisogno di un cavaliere bianco che sposi l’iniziativa o dell’intervento della finanza pubblica. Tutto considerato, resta valido il concetto di Resort, perché supera la debolezza dell’impianto ricettivo e commerciale del Rione Terra così come è attualmente progettato, presentato e finanziato. E’ improbabile che un’offerta commerciale spontanea in presenza di una logistica ‘datata’, sia in grado di produrre reddito e di sostenersi senza un generoso sostegno pubblico e senza un’intensa collaborazione pubblico-privata. Si potrebbe affermare che, in questo momento di recessione, l’apprezzamento di ciò che rappresenta il Rione Terra è modesto. Il pianeta dei fondi immobiliari e quello dell’alta finanza al momento non appaiono interessati ad intervenire nel merito”.
Più chiaro di così, si muore!
Per la società pagata dal Comune per suggerire le linee guida per lo sviluppo turistico di Pozzuoli, il Rione Terra assomiglia ad un grande bluff, un piatto vuoto.
Non si capisce dunque su cosa si basi il grande “interesse di operatori alberghieri nazionali ed internazionali” annunciato dal sindaco Enzo Figliolia mercoledì scorso a Milano durante una kermesse del mercato immobiliare, in cui il Capo dell’Amministrazione ha detto non solo che, entro fine anno verrà bandito il concorso internazionale per la gestione del Rione Terra ma che, entro il 2015, sarà messo a reddito il patrimonio della rocca.
Concetti che Figliolia ha ribadito venerdì scorso durante un convegno pubblico organizzato dall’associazione “L’Iniziativa”, annunciando entro il 2016 l’apertura di bar, botteghe e dei primi 100 posti-letto sull’acropoli.
A parte l’ottimismo del Sindaco rispetto al preoccupante (a dir poco) scenario prospettato dal consulente dell’Amministrazione, è bene chiarire che tutte le decisioni riguardo alle destinazioni e alla forma di gestione del Rione Terra spettano al Consiglio Comunale, e non certo al solo Figliolia.
La rocca millenaria è infatti patrimonio indisponibile della città.
E solo il parlamentino civico potrà dire l’ultima parola su tutto, dopo aver letto lo sconcertante documento della “Trademark” ed ascoltato con altrettanto stupore le affermazioni di un Sindaco che sembra già aver deciso ciò che si deve fare, in che tempi (e, si spera, non anche con “chi”…) dimenticando che lui, Figliolia, in questa “partita”, sul piano regolamentare-istituzionale, non è il dominus ma vale soltanto 1 voto sui 25 disponibili in aula.
Staremo a vedere cosa accadrà.
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(nella photogallery sottostante, tutta la relazione della “Trademark” a proposito del Rione Terra: per leggerla in sequenza, clicca sulla prima foto e usa le frecce in basso a sinistra delle foto per passare da un’immagine all’altra)