Non percepiscono il salario da dicembre e da cinque giorni presidiano l’esterno dell’azienda per protestare contro il datore di lavoro ed evitare lo smantellamento dello stabilimento.
Sono i dipendenti della Comefi, un’azienda metalmeccanica che ha sede nella zona industriale di San Martino (in via Provinciale Pianura) e in cui il clima è diventato incandescente.
Il baratro, come raccontano i lavoratori, si è aperto da circa due anni, quando la perdita di un cliente importante (Hitachi Rail) e problemi di gestione dovuti al disaccordo tra i due soci hanno determinato prima dei ritardi nel pagamento delle spettanze e poi, sei mesi fa, la sospensione di ogni emolumento, compresa la tredicesima e un premio di produzione.
Tutto ciò nonostante non mancassero commesse prestigiose e ben remunerate, come quelle con “Leonardo” e “Prysmian”.
Col passare del tempo ed il peggiorare delle cose, più della metà dei dipendenti si è licenziata o è andata in pensione (con non pochi problemi anche per ricevere il Tfr) e adesso, a combattere, sono rimasti 17 operai e 2 impiegati.
Da marzo ad oggi la loro unica fonte di sostentamento è stata rappresentata dai 1200 euro finora percepiti grazie alla cassa integrazione decisa dal Governo per l’emergenza Covid: ma, dopo le prime nove settimane, anche questo ammortizzatore sociale è scaduto (il 23 maggio) e nessuno di essi sa se la proprietà l’ha richiesto anche per le ulteriori cinque settimane previste dal decreto legge 34 del 19 maggio.
Gli stessi lavoratori, da domenica scorsa, tutte le mattine, vigilano all’esterno dell’azienda in quanto, come ci fanno sapere “abbiamo notato un traffico di camion che portano via materiale dallo stabilimento”.
Stamattina si recheranno in Municipio al rione Toiano affinché alla loro vertenza (seguita dalla Fim-Cisl attraverso il segretario organizzativo regionale Giuseppe De Francesco) sia sensibilizzata anche la politica locale, a cominciare dal sindaco Figliolia, al quale le maestranze e le loro rappresentanze chiederanno un incontro per ottenere un aiuto a sbloccare “una situazione inaccettabile”.
“Noi non chiediamo altro che di poter continuare a lavorare e abbiamo dimostrato grande senso di responsabilità nel sopportare ogni disagio pur di non interrompere la produzione – dicono i dipendenti Comefi – Adesso però dobbiamo recuperare tutte le spettanze arretrate. E’ un nostro diritto ma anche un’esigenza vitale, perché la nostra età media supera i 45 anni e sappiamo bene che, nella migliore delle ipotesi, se non ci saranno le condizioni per proseguire con questa azienda, ci vorrà del tempo per poter trovare altre occupazioni”.