a cura di Giuseppe Marino (difensore tributario)
A partire dal 1°gennaio 2010, la TARSU (Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani) non esiste più e, pertanto, la pretesa avanzata dai comuni per gli anni 2010 e successivi è illegittima; la conseguenza è che i comuni (attualmente la maggior parte) che non sono mai passati alla TIA (Tariffa Igiene Ambientale) potrebbero trovarsi alle prese con richieste di rimborso di quanto versato dai cittadini per il 2010 e seguenti, e contestazioni relative agli atti di riscossione per questi stessi anni.
I mezzi di informazione hanno pubblicizzato poco o niente l’anomalia, emersa con la sentenza numero 124/4/12 del 19 aprile 2012, della Commissione Tributaria Provinciale di Grosseto, che ha disposto la non legittimità della TARSU dopo il 31 dicembre 2009, rendendo di fatto illegittima la richiesta del Comune di Castiglione della Pescaia.
Questi effetti derivano dalla soppressione della TARSU, disposta dal primo comma dell’articolo 49 del decreto legislativo 22/1997 (decreto Ronchi), efficace, in mancanza di ulteriori proroghe, sin dal 31/12/2009.
Lo stesso articolo 49 prevedeva un regime transitorio da disciplinarsi mediante un regolamento attuativo (dpr 158/99), in base al quale i Comuni avrebbero dovuto raggiungere la piena copertura dei costi di gestione del servizio rifiuti urbani introducendo la Tariffa di Igiene Ambientale (cosiddetta TIA/1) in sostituzione della TARSU, in un lasso temporale di 8 anni (termine poi esteso sino al 1° gennaio 2010).
Col successivo decreto legislativo 152/2006, articolo 238, la stessa TIA/1 è stata soppressa e sostituita dalla Tariffa Integrata Ambientale (TIA/2); tuttavia, la disciplina della nuova tariffa resta sospesa sino all’emanazione di un regolamento ministeriale (che avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 giugno 2010), in mancanza del quale «continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti» (comma 10 dell’articolo 238 cit.), ossia le disposizioni previste dal dpr 158/99 (regolamento attuativo della TIA).
Al momento, dunque, a prescindere dalle difficoltà interpretative legate all’applicazione della nuova TIA, il prelievo che la maggior parte dei Comuni opera per la copertura del servizio di gestione dei rifiuti è ancora basato sulla vecchia TARSU; ed è proprio qui che si prospetta il problema, in quanto non esiste più dal 2010 una normativa primaria a sostegno di questa tassa, che i Comuni continuano a richiedere sulla base dei regolamenti (normativa secondaria). Per cui, ogni pretesa avanzata dai comuni a titolo di TARSU, non trovando riscontro in alcuna normativa primaria attualmente vigente, potrebbe ritenersi illegittima anche in ragione dell’articolo 23 della Costituzione, secondo cui «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge».
Cosa dovrebbero fare i contribuenti?
Due sono le strade: o pagare e fare ricorso, oppure, per chi ha già pagato, fare un’istanza di rimborso e, dopo 90 giorni di silenzio-rifiuto (oppure entro 60 giorni dal diniego) fare ricorso.
A far tremare i Comuni c’è comunque anche la TIA: quella vecchia è stata abrograta e a quella nuova mancano i decreti attuativi
In definitiva, questo stato di confusione sulla tariffa determina il risultato che anche per il 2012 i Comuni possono decidere tra tre diversi regimi di prelievo, tutti a forte rischio di illegittimità:
la TARSU, la cui norma di riferimento è stata abolita;
la “vecchia TIA”, di cui sono stati abrogati i provvedimenti attuativi;
la “nuova TIA”, che però aspetta ancora da cinque anni i relativi regolamenti.
La speranza per i contribuenti resta solo quella che i giudici facciano il loro lavoro senza influenze esterne.
Tanto ormai si è ben capito che, oltre alla giurisprudenza di legittimità e di merito, ormai esiste una giurisprudenza occulta, quella di opportunità frutto delle pressioni politiche e del principio del “ci servono i soldi: pagate e state zitti!”.