Otto anni di reclusione e oltre 26mila euro tra multe, spese processuali e risarcimento alle parti civili, tra cui il Comune di Pozzuoli.
E’ la pena a cui è stato condannato questa mattina il commerciante ittico Gennaro Amirante, genero del boss Gennaro Longobardi, ritenuto dai giudici colpevole dell’estorsione consumata ai danni del ristoratore Giuseppe Bruno, meglio conosciuto con il soprannome di “Bobò”, che è poi anche il nome del suo famosissimo locale.
Amirante è stato giudicato con il rito abbreviato (ed ha dunque usufruito dello sconto di un terzo della pena) ma gli è stata contestata l’aggravante di aver agito con metodo mafioso.
L’uomo fu arrestato il 6 aprile scorso insieme con il suocero Gennaro Longobardi (che è accusato dello stesso reato e sarà giudicato con rito ordinario nel processo a suo carico che si aprirà il prossimo 22 dicembre presso la 4^sezione collegio C del Tribunale di Napoli) al termine di un’indagine partita dalla denuncia della vittima e condotta dai Carabinieri, coordinati dal pm della DDA, Gloria Sanseverino.
Una vicenda raccontata nella drammatica testimonianza resa da “Bobò” ai giudici e pubblicata da Pozzuoli21 il 4 novembre scorso grazie ad un articolo di Tano Grasso, presidente della Fondazione Antiracket Italiana (CLICCA QUI PER LEGGERE LA TESTIMONIANZA DI BOBO’)