Senza la rimozione delle vetrine commerciali abusive, i lavori di riqualificazione di piazza della Repubblica e dintorni potrebbero non iniziare nemmeno. Rischia dunque di riaprirsi la battaglia tra i negozianti e il Comune per una questione che sembrava ormai caduta nel dimenticatoio dopo le proteste del marzo 2009 e che ora torna prepotentemente alla ribalta.
D’altronde, il permesso a costruire numero 25 rilasciato dal Municipio il 2 aprile per le opere del Piu Europa nel cuore del centro storico (da completare entro fine giugno del prossimo anno, pena la perdita dei finanziamenti) parla chiaro. La Soprintendenza ai Beni Architettonici e paesaggistici, con la nota protocollata al numero 12022 del 30 aprile dello scorso anno, ha espressamente dato parere favorevole purchè si verifichino alcune condizioni. Una di queste è per l’appunto la redazione di un progetto esecutivo di “riqualificazione delle cortine edilizie che fronteggiano gli invasi e le strade oggetto dei lavori di ripavimentazione, con particolare riguardo ai piani terra, prevedendo la rimozione delle vetrine commerciali storico-iconografica disponibile”.
Ciò significa che le vetrine fuorilegge, ossia quelle realizzate in modo da ampliare la volumetria iniziale della superficie di vendita delle attività commerciali, devono essere demolite in modo da consentire il ripristino dello stato dei luoghi. Adesso, immaginatevi solo per un attimo la situazione economica generale.
E pensate che, quattro anni fa, quando la crisi era ancora alle porte, al solo pensiero che potessero andare giù le vetrine, successe il finimondo, con il Municipio occupato dai commercianti e l’allora Amministrazione Giacobbe che dovette compulsare nientemeno che la Prefettura per cercare di trovare una soluzione che potesse salvare capra e cavoli.
Ebbene, oggi, dopo altre quattro squadre di governo locale (due commissariali e due politiche), i nodi vengono al pettine e lo stesso problema torna prepotentemente alla ribalta perché, dal dopo Giacobbe in poi (ma in verità anche prima della giunta guidata dall’attuale consigliere regionale di Forza Campania) nessuno ha fatto nulla per regolamentare la questione.
Con la differenza non da poco che, dal 2009 ad oggi, la crisi ha falcidiato le tasche di tutti, anche dei negozianti, molti dei quali (se non tutti) hanno davvero poche speranze di poter provvedere a proprie spese alla rimozione delle vetrine “in difetto”, ma soprattutto legano gran parte della sopravvivenza delle proprie aziende proprio all’esistenza di quel surplus volumetrico che consente loro di esporre la merce allo scopo di attirare quanta più clientela possibile.
Come se ne esce? I sindacati di categoria (Ascom, Confesercenti, Cna, Casartigiani, Confimprenditori e Unimpresa) attendono di essere convocati a un tavolo operativo dal sindaco Figliolia e dagli assessori Morra (attività produttive) e Fumo (viabilità), ai quali mercoledì scorso hanno chiesto un incontro ufficiale per capire il da farsi, anche e soprattutto attraverso una mediazione con la Sovrintendenza.
Il problema è serio perché rischia di diventare di ordine pubblico in caso di proteste, ma anche causa del fermo di un’opera su cui l’attuale Amministrazione ha puntato tantissimo ed il cui costo, se non portata a compimento nei tempi previsti, potrebbe ricadere sulle già disastrate casse comunali.
“A suo tempo noi riuscimmo quanto meno a congelare gli abbattimenti – ricorda Pasquale Giacobbe, sindaco nel periodo più “caldo” della vertenza – Chiaramente, per regolamentare il tutto era necessario approvare un piano delle vetrine, che noi non facemmo in tempo a predisporre vista la breve durata del mio mandato, ma che poi successivamente nessuno ha pensato di approntare. E, mi spiace dirlo, ma a due anni dal suo insediamento, questa Amministrazione si è fatta piovere addosso. Si sapeva che erano in programma determinati lavori che avrebbero reso necessario affrontare il problema alla radice, ma si è tirato a campare senza pensare che fosse indispensabile pianificare la materia. Io credo che il Comune, proprio approfittando di questi lavori, potrebbe almeno farsi carico economicamente dell’abbattimento delle vetrine e di tutto ciò che comporta il rispetto della legge, lasciando ai commercianti soltanto l’onere di acquistare e montare le nuove vetrine laddove fosse possibile. Insomma, una soluzione tecnica e politica, a mio avviso, se la si vuole trovare, la si trova sempre…”.
Per adesso, una cosa è certa: i lavori di riqualificazione della piazza non sono iniziati sotto i migliori auspici.
Basti pensare che la commissione comunale per il paesaggio, su questa opera del Piu Europa, l’11 marzo dell’anno scorso, aveva espresso parere favorevole per il rotto della cuffia, con soli tre sì su cinque componenti.
E le motivazioni addotte dai due professionisti contrari al progetto non sembrano di poco conto. Uno sostiene infatti che “il progetto così come proposto non chiarisce la problematica inerente la presenza di vetrine abusive sul suolo interessato al progetto pubblico né tanto meno la presenza dei vari gazebo-dehors anch’essi presenti sulla pavimentazione oggetto dei lavori”. L’altro sottolinea invece che “essendo l’intervento riguardante il cuore della cittadina e dovendo lo stesso riguardare una riqualificazione architettonica che dovrebbe tenere conto, oltre che dei caratteri ambientali, paesaggistici ed architettonici, anche dei caratteri storici e culturali del sito, che ha sempre rappresentato l’unico ed importante spazio di incontro ed aggregazione cittadino, quanto proposto per materiali, tipologia e soluzioni è disarticolato ed in contrasto con tutte le caratteristiche menzionate. In modo particolare, si evince che l’intervento si riduce alla mera sostituzione della pavimentazione esistente, non prevedendo alcuna soluzione progettuale riguardante una seria integrazione di aree a verde nonché un minimo di arredo urbano usufruibile dai cittadini già, per innumerevoli motivi, allontanati dal cuore cittadino”.
Tra l’altro, la stessa Sovrintendenza, oltre a quella riguardanti le vetrine, ha imposto al progetto tante altre prescrizioni.
Ad esempio la rimozione di “tutti i gazebo-dehors nell’area di intervento, in quanto incompatibili con il carattere storico-architettonico del contesto”; il preventivo “approfondito studio storico-critico con progetto preventivo da sottoporre a preventiva autorizzazione” rispetto allo spostamento delle due statue e della fontana dei giardinetti di corso della Repubblica; l’abolizione dei “dissuasori previsti su corso della Repubblica, nel tratto verso via Napoli, in quanto contrastano con il disegno ed i materiali tradizionali delle cortine edilizie prospicienti”; l’adeguamento della tipologia di pubblica illuminazione che, al centro della piazza, dovrà essere uguale a quella prevista per gli slarghi e le vie laterali, al posto di “quella ipotizzata, che appare esuberante, per forma ed altezza, nel particolare contesto urbano”; infine, la necessità, ravvisata dalla Soprintendenza Archeologica con la nota numero 0010363 del 27 marzo 2013, di eseguire “un saggio di scavo archeologico, con la prescrizione che tutte le fasi dei lavori per la realizzazione dell’impianto fognario e di illuminazione, interferenti con il sottosuolo, vengano eseguiti sotto il controllo di archeologi specializzati, afferenti a società accreditate presso la Soprintendenza Archeologica ed in possesso di adeguato curriculum”.
Viene da chiedersi: ma con tutte queste imposizioni, sarà mai possibile completare i lavori in piazza entro i prossimi 14 mesi?
Infine, una curiosità: è normale che il dirigente comunale firmatario del permesso a costruire per queste opere (Mino Cossiga) sia la stessa persona che ha richiesto questo permesso come responsabile unico del procedimento (Mino Cossiga)?
Che speranze di trasparenza abbiamo al Comune di Pozzuoli se il controllore e il controllato coincidono?
Cose da pazzi!
(si ringrazia Alfio Panico per la collaborazione prestata al fotoservizio)