sabato, Aprile 19, 2025
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“Vi racconto come stavano ammazzando mio padre all’ospedale di La Schiana”

Ricevo e pubblico*

Salve, vi scrivo perché so che trattate molto spesso (purtroppo) di condizioni precarie e disumane presso l’ospedale La Schiana.

Ebbene, vi racconto la mia esperienza.

Martedì 5 giugno alle ore 12, il mio papà S.D.B. (vi prego di riportare solo le iniziali del suo nome e cognome per tutelare la sua privacy)  si è sentito poco bene, stava perdendo lucidità.

E’ un malato oncologico, quindi, io, i miei fratelli ed i miei cognati lo abbiamo portato subito al pronto soccorso del “Santa Maria delle Grazie”.

Appena entrati, lui non riusciva a dire nulla, non ricordava neanche il suo nome e cognome e, allo sportello per la registrazione dei pazienti, sembrava quasi si stessero innervosendo.

Lo fanno entrare da solo, senza nessun parente: dopo che abbiamo insistito, è entrato mio cognato e davanti a gli occhi gli è parsa una scena surreale.

Mio padre era stato messo su una barella nel corridoio.

Lui tremava, aveva i brividi di freddo, ma nemmeno una coperta gli avevano messo.

Nessuno faceva niente per lui. Niente!

La situazione è andata sempre più a peggiorare perché papà rispondeva con fatica, poi ha perso del tutto conoscenza: solo dopo le nostre insistenze, gli hanno messo una coperta.

Passano ore, ore, ore: nessuno si è fatto vivo, tranne una dottoressa che subito ha alzato le mani dicendo che non potevano fare niente per mio padre e che non dovevamo portarlo in quell’ospedale ma dove lo tengono in cura.

Nel frattempo ci dicevano che bisognava aspettare il chirurgo che doveva decidere cosa fare.

I miei fratelli si sono subito messi in contatto con l’oncologo che tiene in cura mio padre in un’altra struttura.

L’oncologo subito volle parlare col medico che stava vicino a papà per indirizzarlo su come curarlo, ma questo medico non lo ha voluto ascoltare, quasi quasi si è pure infastidito.

Tutto questo dalle ore 12 alle 21 di sera, quando si presenta il chirurgo e dice a mio fratello di portarci a casa papà perché non c’era più niente da fare (quando poi, loro, i medici, non hanno fatto niente!).

Con il cuore a pezzi e il dolore forte, abbiamo deciso di portare papà a casa convinti di dover aspettare che si spegnesse da solo…

Mercoledì 6 giugno papà stava in coma epatico.

Alle 19 l’oncologo chiama prontamente mio cognato e gli dice di fare un tentativo con un clistere: un semplice clistere…

Per telefono, l’oncologo, senza vedere papà, aveva capito cosa gli fosse capitato: ha avuto un avvelenamento da ammonio, cosa che nessuno all’ospedale  “Santa Maria delle Grazie” aveva diagnosticato, dicevano che era appendicite (lui si è operato in passato), dicevano che era un blocco intestinale, dicevano le cose più improbabili.

Alla fine, lui aveva bisogno di disintossicarsi da questo veleno con un semplice clistere.

Giovedì 7 giugno, alle ore 5, papà si è svegliato dal coma: il giorno dopo è stato portato all’ospedale che lo tiene in cura e (che ve lo dico a fare…) tutti in suo soccorso, chi lo abbracciava, baciava, medici che facevano sentire il loro affetto, in primis l’oncologo.

Subito si sono messi a lavoro facendogli vari accertamenti ed effettivamente la prima cosa che hanno visto era l’ammonio altissimo, mentre gli altri valori erano nella norma.

Papà ora ha bisogno di tanto riposo, affetto e il calore di chi gli vuole bene: è una persona forte, amata e rispettata da tutti.

Con questo non voglio fare di tutta l’erba un fascio, perché all’ospedale di La Schiana ci sono molti medici in gamba che sanno fare il loro lavoro, addirittura un infermiere che lavora lì a qualsiasi orario in quella settimana d’inferno veniva per assistere papà: quindi c’è anche del buono.

Però la rabbia sta nel fatto che è stata fatta una struttura nuova, spesi tanti soldi ma c’è carenza di personale preparato.

Non auguro a nessuno di vivere quello che ho vissuto io e la mia famiglia perché è un dolore troppo forte. Quindi, chiedo a chi stava di servizio in quell’arco di 9 ore, di passarsi una mano per la coscienza.

Se non sanno fare questo lavoro, facessero altro perché tutti noi andiamo in ospedale per farci curare, non per morire!

P.S. Mio padre è entrato in ospedale a La Schiana con un paio di occhiali da vista con dei vetri particolari e ne è uscito senza… li avranno buttati??? Sono spariti…

*Lettera firmata

(d.p.) Poche ore prima di ricevere questa drammatica testimonianza, l’Asl, attraverso il direttore generale, diramava un comunicato stampa (che potete leggere integralmente nella foto sottostante) in cui minacciava di querela gli organi di informazione che riportassero notizie false e lesive dell’immagine del personale in servizio all’ospedale “Santa Maria delle Grazie”.

Antonio D’Amore, direttore generale dell’Asl Napoli 2 Nord

Fossimo nei panni del direttore generale dell’Asl Napoli 2 Nord, prima di procedere per vie legali, una chiacchierata con le persone che segnalano casi come questo che avete appena letto, la faremmo, per capire se, per caso, tra chi infanga la reputazione del nosocomio puteolano, c’è anche qualche camice bianco che non si dimostra completamente all’altezza del proprio delicatissimo compito.

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