Oggi il referendum sulle trivellazioni in mare: ecco per cosa si vota
Fino alle 23 di oggi, tutti coloro che hanno già compiuto i 18 anni di età, possono recarsi ai seggi elettorali per votare il referendum abrogativo sulle trivellazioni in mare.
Voluto da nove regioni italiane (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto) che, da questo tipo di attività estrattiva, temono conseguenze negative sull’ambiente e sul turismo, il quesito propone lacancellazione del comma 17, terzo periodo, dell’articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che permette attualmente di protrarre le concessioni per estrarre idrocarburi entro 12 miglia dalla costa italiana fino alla vita utile del giacimento.
Il referendum ha la seguente denominazione:“Divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli hanno la durata della vita utile del giacimento”.
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?
Oggetto del referendum sonosolo le trivellazioni che effettuate entro le 12 miglia marine(che corrispondono a circa venti chilometri). Non sono quindi la maggior parte delle trivellazioni in acque italiane, complessivamente 66 e collocate soprattutto oltre le 12 miglia, e dunquefuori dal referendum.
Parliamosolodelle 21 trivellazioni localizzate entro le 12 miglia.
Si decide, dunque, il destino di 21 trivellazioni già esistentie in funzione nel nostro mare, entro le 12 miglia: sette inSicilia, cinque inCalabria, tre inPuglia, due inBasilicata, una ciascuna inEmilia Romagna, nelleMarchee inVeneto.
Queste vengono effettuate da compagnie estrattive diverse, sulla base di una concessione che dura inizialmente 30 anni, poi prorogabile per due volte, cinque anni ciascuna. In totale: 40 anni. Più altri cinque possibili.
Secondo la normativa in vigore oggi, una volta scaduta la concessione (ossia, dopo 40 o 45 anni) finisce la trivellazione.
Il provvedimento delgoverno Renzi, cioè la norma inserita nella legge di stabilità, dice che,anche quando il periodo concesso finisce, l’attività può continuare fino a che il giacimento non si esaurisce.
I promotori del referendum chiedono che questa novità sia cancellata e si torni alla scadenza “naturale” delle concessioni.
Il quesito del referendum di oggi, oltre a non riguardare le trivellazioni oltre le 12 miglia,non riguarda neanche possibili nuove trivellazioni entro le 12 miglia,che rimangono vietate per legge. .
Il decreto legislativo 152 prevede infatti già il divieto di avviare nuove attivitàdi ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi gassosi o liquidientro le 12 miglia, per cui il referendum agisce solo su quelle già in essere.
Se al referendum di oggi vincesse ilSì, le concessioni attualmente in vigore verrebbero a scadere e quindil’attività estrattiva dovrebbe cessare alla scadenza delle concessioni. Oggi le concessioni hanno una durata ditrent’anni, prorogabili di dieci più altri cinque. Con ilSìnon si elimina la possibilità di proroga delle concessioni fino a 45 anni: ci sarebbe, al termine del massimo periodo possibile di concessione, la cessazione (tra il 2018 ed il 2034) delle attività attualmente in corso, tra cui quelle di Eni, Shell e di altre compagnie internazionali, senza che sia possibile proseguirle fino all’esaurimento del giacimento.
IlSìal referendum è sostenuto da una rete di comitati, ilNo Triv, riunito in un coordinamento nazionale (www.notriv.com). I comitati locali sono principalmente nelle regioni interessate dalle trivellazioni.
Per ilSìsono anche le principali organizzazioni ambientaliste, compreseGreenpeace,LegambienteeWwf.
Una vittoria delSìavrebbe un effetto politico e simbolico ben più forte dello specifico referendario. Spingendo la politica a fare quei passi verso le energie rinnovabili che in altri paesi europei sono stati fatti negli anni passati e che in Italia sono al palo, o quasi.
Sono sostenute da un comitato che si chiama“Ottimisti e razionali”, presieduto dall’ex deputato PciGianfranco Borghini. I contrari al referendum di oggi non si trovano solo nel governo o tra i petrolieri. Dubbi sono stati espressi anche nella Cgil, che teme la perdita dei posti di lavoro, in quanto il settore estrattivo occupa circa 40mila persone ed il progressivo abbandono delle concessioni causerebbe unaemorragia di posti di lavoro. C’è un’altra obiezione, più generale, che i sostenitori del No (o del mancato quorum) avanzano. È quella delfabbisognoenergetico. Le trivellazioni nel mare italiano, in particolare quelle entro le 12 miglia oggetto del referendum, estraggono principalmentegas metanocoprendo circa il 10% del fabbisogno nazionale. In misura minore, si estrae petrolio. In prospettiva anche i sostenitori delNoauspicano la crescita dell’utilizzo delle energie verdi ma sostengono che nel frattempo non si può rinunciare a quelle esistenti, che andrebbero sostituite da corrispondenti importazioni. Se vince ilNo(o se non si raggiunge il quorum) le estrazioni di idrocarburi non avranno scadenza certa: in molti casi potrebbero proseguire fino all’esaurimento del giacimento.
Essendo ilreferendum abrogativo,una sua eventuale bocciatura lascerebbe la situazione inalterata: cioè, le ricerche e le attività petrolifere attualmente in corso potranno proseguire fino alla scadenza.
Dopo la scadenza, le compagnie potranno presentare una richiesta di prolungamento, che deve essere approvata in base a unavalutazione di impatto ambientale.
(fonti: RaiNews, Ministero degli Interni ed articolo di Giacomo Sacchetti sul sito leggi oggi.it)
