Con le comunali si vota anche per il referendum: ecco i cinque quesiti e quali leggi ci chiedono di cancellare

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Alle elezioni di domenica 12 giugno, dalle 7 alle 23, avremo tra le mani sei schede: una azzurra per il rinnovo del consiglio comunale di Pozzuoli e altre cinque di diverso colore relative ad altrettanti quesiti referendari sulla giustizia.

Si tratta di unreferendum abrogativoe dunquecon ilsìci verrà chiesto di cancellare una legge e con ilnoci verrà chiesto di confermare la stessa legge.

Per essere valido, ogni quesito dovrà raggiungere ilquorum, cioè lamaggioranzadegli aventi diritto in Italia.

IL PRIMO QUESITO SARÀ CONTENUTO IN UNA SCHEDA DI COLORE ROSSOE RIGUARDA L’INCANDIDABILITÀ PER I POLITICI CONDANNATI,ossia l’abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.

In Italia, infatti, chi ècondannato in via definitivaper alcuni gravi reati penali non può candidarsi alle elezioni, né assumere cariche pubbliche e, se è già stato eletto, decade. Coloro che sono eletti in un ente locale, come i sindaci, sono inveceautomaticamente sospesidopo la sentenza di primo grado (quindi non in via definitiva, dato che nel nostro ordinamento sono garantiti tre gradi di giudizio).

Se vince il “sì”, sia l’incandidabilità per i condannati in via definitiva, sia la sospensione per gli eletti in enti locali, non saranno più automatiche ma sarannodecise da un giudice caso per caso.

Chi è per il “sì”sostiene che la leggepenalizza gli amministratori localiche vengono sospesi senza condanna definitiva, esponendoli alla pubblica condanna anche nel caso in cui si rivelino poi innocenti.

Chi è per il “no”sottolinea che se questa legge verrà abolita, i parlamentari, i sindaci e gli amministratoricondannati per mafia, corruzione, concussione o peculatopotranno tornare a candidarsi e a ricoprire cariche pubbliche.

Se vuoi eliminare l’incandidabilità e l’incompatibilità per i politici condannati vota “sì”, altrimenti vota “no”.

IL SECONDO QUESITO SARÀ CONTENUTO IN UNA SCHEDA DI COLORE ARANCIONE E RIGUARDA LA LIMITAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI, ossia l’abrogazione dell’ultimo inciso dell’articolo 274, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale.

Lemisure cautelarisono provvedimenti – decisi da un giudice – che limitano la libertà di una persona sotto indagine (quindi non ancora condannata). Alcuni esempi sono lacustodia cautelare in carcere, gliarresti domiciliario il divieto di espatrio. Oggi, può essere applicata solo in tre casi: se c’è il pericolo che la persona fugga, che alteri le prove oppure che continui a ripetere il reato.

Se vince il “sì”, viene eliminata laripetizione del reatodalle motivazioni per disporre misure cautelari. Rimangono il pericolo di fuga e di alterazione delle prove.

Chi è per il “sì”sostiene che oggi vi sia unabuso delle custodie cautelarie si mettano spesso in carcere persone non condannate, in violazione del principio dellapresunzione di innocenza. La ripetizione del reato è infatti la motivazione più frequente per disporre una custodia cautelare. Negli ultimi trent’anni, circa30 mila personesono state incarcerate e poi giudicate innocenti e ancora oggiun terzo dei detenutiè in carcere perché sottoposto a custodia cautelare.

Chi è per il “no”sostiene che se cambia la legge sarà molto difficile applicare misure cautelari a persone indagate per gravi reati, comecorruzione, stalking, estorsioni, rapine e furti. Inoltre, non ci sarebbe alcuna garanzia di non mettere in carcere persone innocenti, poiché le altre motivazioni rimangono applicabili.

Se vuoi eliminare l’applicabilità delle misure cautelari in caso di ripetizione del reato vota “sì”, altrimenti vota “no”.

IL TERZO QUESITO SARÀ CONTENUTO IN UNA SCHEDA DI COLORE GIALLO E RIGUARDA LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE NELLA GIUSTIZIA, ossia l’abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati.

Nel corso della loro vita, i magistrati italiani possono passare più volte dal ruolo dipubblici ministeri(cioè coloro che si occupano delle indagini insieme alle forze dell’ordine e svolgono la parte dell’accusa) al ruolo digiudici(cioè coloro che emettono le sentenze sulla base delle prove raccolte e del contradditorio tra l’accusa e la difesa).

Se vince il “sì”i magistrati dovranno scegliere,all’inizio della loro carriera, se svolgere il ruolo di giudici oppure di pubblici ministeri, per poi mantenere quel ruoloper tutta la vita.

Chi è per il “sì”sostiene che separare le carriere garantirebbe una maggiore imparzialità dei giudici, perché così sarebbero slegati per attitudini e approccio dallafunzione punitivadella giustizia che appartiene ai pubblici ministeri. In altre parole, il fatto che una persona che per qualche anno si abitui ad“accusare”e poi venga messa nella posizione di“giudicare”, non sarebbe una condizione ideale per il sistema democratico.

Chi è per il “no”sostiene che la separazione delle carriere non sarà comunque efficace dato che la formazione, il concorso per accedere alla magistratura e gli organi di autogoverno dei magistrati resterebbero in comune. Inoltre, c’è chi teme che in questo modo i pubblici ministeri sarebbero sottoposti a unmaggiore controlloda parte del Governo, finendo per diventare una sorta di“avvocati” della maggioranzache controlla l’esecutivo.

Se vuoi che le carriere dei magistrati – giudici e pubblici ministeri – siano separate vota “sì”, altrimenti vota “no”.

IL QUARTO QUESITO SARÀ CONTENUTO IN UNA SCHEDA DI COLORE GRIGIO E RIGUARDA L’ELEZIONE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, ossia l’abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte.

IlConsiglio Superiore della Magistraturaè l’organo di autogoverno della magistratura, con lo scopo di mantenerla indipendente rispetto agli altri poteri dello Stato. È composto da24 membri, eletti per un terzo dal Parlamento e per due terzi dai magistrati. Oggi, per candidarsi, è necessario presentare almeno25 firme di altri magistratia proprio sostegno. Queste firme, oggi, sono spesso fornite col supporto delle varie correnti politiche interne alla magistratura.

Se vince il “sì”non sarà più necessario l’obbligo di trovare queste firme, ma basterà presentare la propriacandidatura.

Chi è per il “sì”sostiene che in questo modo i magistrati potrebbero sganciarsi dall’obbligo di trovare accordi politici e dalsistema delle correnti, così da premiare il merito piuttosto che l’adesione politica. Si limiterebbe anche lalottizzazione delle nomine, cioè la spartizione delle cariche tra i diversi orientamenti politici.

Chi è per il “no”afferma che la riforma non eliminerebbe il potere delle correnti poiché interviene in modopoco rilevante. Ma c’è anche chi non vede le correnti come un sistema negativo in sé, in quanto aggregazioni di persone che condividonoideali e principi comuni.

Se vuoi eliminare l’obbligo di trovare 25 firme per candidarsi al Consiglio superiore della magistratura vota “sì”, altrimenti vota “no”.

IL QUINTO QUESITO SARÀ CONTENUTO IN UNA SCHEDA DI COLORE VERDE E RIGUARDA LA VALUTAZIONE DEI MAGISTRATI,ossia l’abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio Superiore della Magistratura.

In Italia, i magistrati vengonovalutati ogni quattro annisulla base di pareri motivati, ma non vincolanti, dagli organi che compongono il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. In questi organi, insieme ai magistrati, ci sono ancheavvocati e professori universitari, ma soltanto imagistratipossono votare nelle valutazioni professionali degli altri magistrati.

Se vince il “sì”anche avvocati e professori universitariavrebbero il diritto di votaresull’operato dei magistrati.

Chi è per il “sì”sostiene che questa riforma renderebbe la magistraturameno autoreferenzialee la valutazione dei magistrati più oggettiva.

Chi è per il “no”è convinto che non sia opportuno dare agli avvocati il ruolo di valutare i magistrati, dato che nei processi i pubblici ministeri rappresentano lacontroparte degli avvocati. Le valutazioni potrebbero, per questo motivo, esserepregiudizievoli e ostili. Allo stesso modo, i magistrati potrebbero essere influenzati dal trovarsi di fronte a un avvocato coinvolto nella sua valutazione professionale.

Se vuoi che anche gli avvocati e i professori universitari possano valutare i magistrati vota “sì”, altrimenti vota “no”.