Ricevo e pubblico*
Caro Direttore, dopo circa tre mesi dal 3 gennaio, giorno in cui sul suo blog è stato pubblicato il mio primo appello, sono qui a riscriverle per sottoporre a tutte le istituzioni cittadine la questione sempre più insostenibile che viviamo a via Celle. Qui, un giovane extracomunitario vive accampato in un angolo della strada, sotto una tenda con coperte e cartoni per ripararsi dalle intemperie, quasi sempre completamente nudo. Mangia ed espleta i propri bisogni fisiologici nello stesso posto, in condizioni igienico-sanitarie indescrivibili, ma soprattutto, stando ai suoi reiterati comportamenti, manifesta seri problemi di salute mentale. Minaccia di morte chiunque osi avvicinarsi a quello che è ormai diventata una zona di sua “proprietà”, distrugge le auto a calci e pugni, insomma va continuamente in escandescenze. Noi vorremmo soltanto uscire di casa e tornare a casa senza il terrore che ci possa fare del male o che qualcuno, esasperato da questi atteggiamenti, possa fargli del male. Com’è possibile andare avanti così senza che prima o poi succeda qualcosa di brutto a lui o a noi? Com’è possibile che in una città di quasi centomila abitanti non ci sia nessuna struttura che possa aiutare questa persona a curarsi e ad avere una sistemazione degna di un essere umano? Si parla tanto di lotta ad ogni forma di razzismo, di accoglienza, di integrazione. Ma mi chiedo, da persona libera da ogni pregiudizio: è questa l’accoglienza che siamo in grado di offrire a chi è meno fortunato di noi? Ma non ci vergogniamo? Spero davvero che sia l’ultima volta che Lei debba ricevere una mia lettera su questa stessa situazione perché vorrebbe dire che finalmente qualcosa si è mosso e che qui in via Celle non si debba più rischiare una tragedia ogni santo giorno. La ringrazio nuovamente per l’attenzione.
*Lettera firmata
